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Donne dell’anima. Le pioniere della psicoanalisi

Isabelle Mons
Roma, Viella, 271 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2017

Isabelle Mons è membro del Centro di ricerca pluridisciplinare Pléiade dell’Università
Paris 13 che realizza ricerche, originali e comparate, in numerosi campi: le storie
di vita, la salute, la letteratura, i conflitti. Il volume bene si inserisce in questo contesto,
ponendosi l’obiettivo di far emergere il contributo, dato alla psicoanalisi, da un gruppo di
donne individuate come pioniere. L’a. dichiara di non aver assunto un taglio sociologico,
né scientifico, nonostante il rigore posto nella costruzione dei diversi profili femminili
e nonostante i ricchi rimandi ai documenti degli archivi storici della Biblioteca Freud e
della Biblioteca della città di Vienna. Di fatto, il volume si compone delle storie di vita e
di lavoro di quattordici donne che, nell’Europa del primo ’900, aprono la strada a nuove
interpretazioni sull’inconscio, sull’infanzia, sull’amore e sull’erotismo.
L’a. organizza le narrazioni adottando un registro cronologico, anche se il raggruppamento
delle storie avviene in base a criteri che individuano elementi di contiguità nei
diversi percorsi; variabili, per lunghezza, sono, invece, i capitoli a causa, talvolta, della
mancanza di fonti, talaltra, per antecedenti interessi di ricerca. Ecco, dunque, che i primi
tre profili (i più lunghi in assoluto) riguardano le «egerie russe»: Lou Andreas-Salomé,
Sabina Spielrein e Tatiana Rosenthal. Seguono le «combattenti», Emma Eckstein e Margarethe
Hilferding, che condividono una precoce battaglia a favore delle donne. All’«ombra
del maestro» sono Emma Jung moglie di Carl e Anna Freud. In entrambi i casi, la
dedizione ai due fari della psicoanalisi nasconde un contributo scientifico determinante
seppure, come nel caso di Emma, ignorato. D’altro canto, se Anna Freud diventa l’eroina
postuma del padre, realizzando in termini di diffusione e di istituzionalizzazione della sua
teoria quello che Freud avrebbe voluto, essa resta una pioniera nell’ambito della psicoanalisi
infantile.
Sotto l’etichetta «voci dell’infanzia» sono presentate le storie di Melanie Klein,
Françoise Dolto, Sophie Morgenstern e Hermine von Hug-Hellmuth. Alla celebrità delle
prime due e al loro indiscusso ruolo di maestre, si contrappone il silenzio sulle seconde,
pur presentando spunti di ricerca e di pensiero originali per la comprensione dei disturbi
psichici dei bambini. Chiudono il volume le storie di Eugéne Sokolnicka, Marie Bonaparte
e Helene Deutsch identificate tutte come «conquistatrici». Il termine può apparire
incongruo per Sokolnicka che pure sarà per due anni vicepresidente della Società psicoanalitica
francese, prima che Marie Bonaparte ne prenda in mano le redini. Né altrettanto
chiaro è l’inserimento in questo gruppo di Deutsch alla quale va, tuttavia, riconosciuto un
ruolo determinante nell’analisi della fisiologia e della psicologia femminili.
Nel complesso, il volume offre spunti di indubbio interesse per la ricostruzione della
storia di una disciplina che ancora oggi viene identificata in larga parte al maschile.
Un’opera, quella di Mons, che merita di essere letta e discussa.

Maria Giovanna Vicarelli