Cerca

Ebraismo «al femminile». Percorsi diversi di intellettuali ebree del Novecento

Orietta Ombrosi (a cura di)
Firenze, Giuntina, 164 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il volume raccoglie diciotto ritratti di pensatrici ebree del secolo scorso ad opera di
studiose e studiosi di letteratura e filosofia. Vi ritroviamo celebri intellettuali come Hannah
Arendt, Ágnes Heller e Simone Weil, e pensatrici meno conosciute come Margarite
Susman, Rachel Bespaloff e Sarah Kofman; poetesse tedesche quali Else Lasker-Schüler,
Nelly Sachs, Rose Ausländer e scrittrici nordamericane come Adele Wiseman e Cynthia
Ozick; donne che hanno svolto un rilevante ruolo politico come Rosa Luxemburg o che
si sono poste all’avanguardia in altri contesti, come Regina Jonas, la prima rabbino donna
nella storia; femministe ante litteram come Berta Pappenheim e Amelia Pincherle Roselli;
pittrici come Charlotte Salomon e testimoni della Shoah come Etty Hillesum.
Di ciascuna si è voluto indagare il rapporto che, nel corso della loro esistenza, si è
instaurato tra l’essere donna e l’essere nel contempo ebrea. Ed è appunto l’intreccio di
queste due differenti appartenenze che può interessare lo storico interessato ai fenomeni
culturali. Non sempre questo rapporto è palese – basti citare il caso celeberrimo di Weil
– che tuttavia nell’elaborazione di un approccio critico nei confronti del sostrato teologico
della politica approda a un pensiero politico religioso incentrato attorno all’idea di
giustizia, con evidenti agganci con la tradizione ebraica. Né è possibile tracciare percorsi
univoci: se per Lasker-Schüler attingere alle fonti della tradizione religiosa era un modo
per distanziarsi dai ruoli femminili propri della borghesia ebraica tedesca emancipata, per
Wiseman e per Jonas è invece il loro essere donne che le porta a mettere in discussione il
maschilismo soggiacente all’ebraismo tradizionale, rinnovandolo in profondità. Nell’un
caso e nell’altro – ma è caratteristica che accomuna l’intera schiera di queste intellettuali
– è la valorizzazione della differenza il tratto comune, col desiderio di varcare soglie invalicabili
e la netta separazione dei ruoli.
Altro tratto comune che apparenta la maggior parte di queste donne naturalmente
è l’aver vissuto l’immane tragedia della Shoah. E in questo caso è dunque possibile individuare
un percorso comune: ciascuna a suo modo, sia coloro che la vissero sulla propria
pelle (Salomon, Hillesum e Jonas furono assassinate ad Auschwitz nel 1943), sia coloro
che sopravvissero, hanno fatto della catastrofe materia del loro pensare e del loro scrivere.
Messe a confronto con ciò che incenerisce, secondo Theodor W. Adorno, «tutto l’acquietante
dello spirito e la sua oggettivazione, la cultura» (W. Adorno, Dialettica negativa, a
cura di S. Petrucciani, Torino, Einaudi, 2004, p. 329), tutte hanno tentato di contribuire
a restaurare l’infranto, unendo al tentativo di comprendere l’incomprensibile, la rivendicazione
di un diritto di giudicare la storia, al fine di ribadire la posizione di una coscienza
e di una diversità che pretende esserci in maniera incondizionata.

Francesca Sofia