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«Educare alla bellezza la gioventù della nuova Italia». Scuola, beni culturali e costruzione dell’identità nazionale dall’Unità al secondo dopoguerra

Dorena Caroli, Elisabetta Patrizi (a cura di)
Milano, FrancoAngeli, 272 pp., € 33,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il gruppo di ricerca di storia dell’educazione dell’Università di Macerata ha dato vita a questo volume collettaneo, incentrato sulle possibili interazioni tra i tre «poli tematici [di] scuola, beni culturali e costruzione dell’identità nazionale» (p. 14), e basato in gran parte sull’analisi di fonti «scolastiche» più e meno note agli addetti ai lavori, lungo un periodo che va dall’800 fino all’immediato secondo dopoguerra.
Si tratta di saggi ricchi di riferimenti sia allo stato degli studi sul rapporto tra politiche educative e di nazionalizzazione, soprattutto in età postunitaria e prerepubblicana, sia a un vasto corpus di fonti edite che comprendono i «quaderni di scuola» (Ascenzi), i libri di lettura e i sussidiari per la scuola elementare (Pomante), i libri di lettura per le scuole italiane all’estero (Caroli), gli almanacchi regionali per la scuola elementare (Sani), oltre alla più nota e diffusa letteratura otto-novecentesca per giovani (Patrizi).
Ogni contributo analizza la sopracitata «triade» alla luce di una specifica fonte; solo nel caso del saggio di Targhetta, che indaga al contempo «il paesaggio raccontato […]; il paesaggio rappresentato [e] il paesaggio percepito» (p. 51) in ambito naturalistico e urbano, la gamma di documenti si estende dalle lettere esemplari, alle vedute contenute nei libri di lettura, ai filmati scolastici primonovecenteschi. Il contributo di Targhetta è inoltre l’unico che si sofferma analiticamente sul concetto di paesaggio – e su quelli correlati di patrimonio e territorio – facendo ricorso a definizioni normative e a riferimenti ad alcuni autori specialisti di heritage studies.
Negli altri saggi, comunque interessanti, prevale invece un taglio più descrittivo che commenta le fonti utilizzate. Tutti i contributi concordano sull’importanza del patrimonio culturale e paesaggistico come ambito strategicamente utilizzato, da parte delle classi dirigenti dell’Italia unita, per costruire un’identità nazionale immediatamente percepibile e capace di far coesistere diverse dimensioni di appartenenza territoriale, dal borgo natio alla patria «nazionale» vera e propria, anche con l’ausilio in chiave ideologica delle discipline geografiche e cartografiche, soprattutto da Crispi in poi (pp. 60-65).
Emerge inoltre una periodizzazione comune: a una fase iniziale, finalizzata a «fare gli italiani», succede un irrigidimento prima mobilizzante – negli anni a ridosso del primo conflitto mondiale – e poi «plasmatore», con l’avvento del fascismo, degli intenti di nazionalizzazione nelle politiche scolastiche. Lo spartiacque fu costituito dalla riforma gentiliana del 1923, con cui il patrimonio fu usato per propagandare la grandezza e la superiorità del «genio italico». Infine, nel dopoguerra, la presenza dei beni culturali e ambientali nei prodotti scolastici venne progressivamente depurata dai fini più spiccatamente «suprematisti», divenendo funzionale alla costruzione di una nuova cittadinanza democratica.

Giovanni Cristina