Anno di pubblicazione: 2005
Muovendo dalla ricostruzione delle stragi nell’alta padovana e castellana nei giorni della Liberazione, condotta sulla base di documentazione archivistica, testimonianze e memoriali, l’autore costruisce l’ossatura per un’analisi che, oltre ai fatti, si propone di indagare la memoria che attorno a essi si è sedimentata. Affrontando analiticamente quanto accaduto il 27 aprile a Santa Giustina in Colle e il 29 aprile nella strage itinerante che da San Giorgio in Bosco giunge a Castello di Godego, l’autore volge uno sguardo d’insieme anche ad altre zone della regione, ugualmente vittime di stragi della Liberazione.
Nella parte ricostruttiva non mancano critiche alle azioni partigiane, considerate in alcuni frangenti improvvide, suggerendo una prospettiva che non coincide affatto con quanto esplicitato oltre e fulcro della tesi di fondo: la deliberata e decennale colpevolizzazione dei partigiani accusati, distorcendo la realtà storica, di aver provocato inutili stragi, trova origine ?nella tradizione culturale del Veneto bianco e nella natura molesta del messaggio politico di cui essi erano portatori? (p. 276) e risponde al ?progetto politico coltivato dalla leadership moderata della Resistenza? (p. 200). Ricostruendo i passaggi che, attraverso direttive chiare, hanno portato all’insurrezione, l’autore smentisce le teorie che accusano i partigiani di aver innescato incoscientemente la reazione violenta; procede poi all’analisi, oltre i confini regionali, di altri meccanismi funzionali allo stesso disegno politico, che vanno dall’insabbiamento della giustizia alla rimozione delle responsabilità fasciste all’epurazione mancata.
Tesi suggestiva, spesso argomentata con dovizia di particolari, tuttavia il taglio investigativo che ne caratterizza la discussione finisce in qualche punto per appesantire un discorso altrimenti più agevole; un uso non sempre impeccabile delle fonti, un lessico a tratti eccessivamente informale, alcune imprecisioni e forzature denotano una cura non ineccepibile per un libro che rimane comunque stimolante e non privo di spunti illuminanti. Interessante è la correlazione individuata dall’autore fra stragi della Liberazione, giustizia mancata, disegni politici e meccanismi di formazione della memoria collettiva per i quali uno dei rilevatori principali è individuato nei testi delle lapidi.
Rimangono tuttavia alcune zone d’ombra: un certo squilibrio fra ipotesi interpretative eccessivamente articolate (si veda il paragrafo Cacciatora: 80 testimoni da eliminare?) e altre solo abbozzate, nonostante risultino particolarmente significative per gli spunti che, sbrigativamente accennati, aprono spiragli su questioni rilevanti (si veda il paragrafo La rimozione delle complicità fasciste). Inoltre, alcune affermazioni poco circostanziate sembrano utilizzate con eccessiva disinvoltura (p. 97), mentre le non infrequenti concessioni alla retorica stonano con il taglio complessivo del libro, prezioso per il contributo innovativo e critico.