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El peso de la nación. Nicola Bombacci, Paul Marion y Óscar Pérez Solís en la Europa de entreguerras

Steven Forti
Santiago de Compostela, Universidad de Santiago de Compostela, 651 pp., s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2014

Il ponderoso volume scaturisce dalla tesi di dottorato discussa presso l’Università
Autonoma di Barcellona nel giugno del 2011, successivamente premiata in Spagna. In
esso il giovane storico trentino indaga uno dei risvolti più inquietanti della storia europea:
il passaggio dalla militanza socialista e comunista a quella fascista che contraddistinse le
biografie di un non irrilevante numero di dirigenti politici in Italia, Francia e Spagna
negli anni tra le due guerre. Per troppo tempo liquidato facendo ricorso alle categorie
morali di tradimento e opportunismo o, per altro verso, insistendo sulle affinità tra i due
totalitarismi, questo passaggio è affrontato dall’a. come fenomeno storico da studiare,
a cominciare dai tre casi scelti come rappresentativi, e cioè quelli di Nicola Bombacci,
passato dalla militanza rivoluzionaria socialista, poi comunista, all’adesione alla Rsi e alla
morte a fianco di Mussolini; Paul Marion, che dopo essere stato dirigente del Pcf fu a
capo della propaganda del regime di Vichy dopo essere stato tra i fondatori del Parti populaire
français; Óscar Pérez Solis, militante socialista, poi dirigente del Pce e approdato
alla Falange nel 1936, dopo la conversione al cattolicesimo nel 1928.
Avendo come principale punto di riferimento la prospettiva offerta dal lavoro di
Philippe Burrin sui transfughi francesi (La dérive fasciste, 1986), confrontandosi con tante
altre interpretazioni e con una notevole mole di studi su aspetti parziali, l’a. presenta il
profilo biografico dei tre personaggi, ne esamina con finezza il pensiero e il linguaggio
politico attraverso gli scritti, per poi ricostruire i tre contesti socio-politici in un’ottica
comparata. Un approccio che gli consente, da una parte, di gettare nuova luce sulla forte
suggestione su ampi strati della società europea e sugli intellettuali che il mito fascista,
come «organismo saprofago» (G.L. Mosse), esercitò a partire dagli anni ’20; dall’altra
di avvalorare l’esistenza di un fascismo come fenomeno generale, del quale si avrebbero
decantazioni, modulazioni e gradazioni diverse secondo le necessità, secondo la plastica
formula «ogni paese dà vita al fascismo di cui ha bisogno» (R. Chueca).
Alle «passerelle» che, per Burrin, facilitarono il transito dalla militanza marxista al
fascismo, Forti aggiunge alcuni elementi comuni alle tre figure, individuati a) nel primato
assegnato all’azione; b) nel valore attribuito alle minoranze e alle avanguardie; c) nella fede
cieca nella rivoluzione; d) nei comuni nemici (democrazia liberale, parlamentarismo, borghesia
e capitalismo); e) nella concezione del mondo antimaterialista. A essi aggiunge il
peso della nazione, soffermandosi su alcuni percorsi del transito dalla classe alla nazione, e
soprattutto della «passione per e della politica», che l’a. sostanzia riferendosi alle posizioni
di Valerio Romitelli (pp. 606-618).
Tra i non pochi meriti della ricerca, oltre all’utilizzo di fonti scovate negli archivi dei
tre paesi, quello di far dialogare tra loro le storiografie italiana, francese e spagnola.

Alfonso Botti