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Elisa Giunchi – Afghanistan, Storia e società nel cuore dell’Asia – 2007

Elisa Giunchi
Roma, Carocci, 149 pp., Euro 13,50

Anno di pubblicazione: 2007

Elisa Giunchi offre un’ampia panoramica di storia afghana, che permette di leggere le vicende recenti di questo paese nel quadro di una prospettiva storica lunga e di collocarle in un complesso contesto di rapporti internazionali. L’a. spiega che in Afghanistan il processo di affermazione dello Stato, come autorità politica centrale, è stato parziale e non costante nel tempo. Lo Stato è debole perchè riflette una società divisa, attraversata da una continua competizione tra poteri locali che hanno nelle campagne le loro radici. Quando un gruppo politico o un’alleanza riesce ad imporsi e ad ottenere il controllo sulla città e sullo Stato, la sua capacità di mantenersi al potere dipende dalla sua forza, anche militare, e dalla sua capacità di dialogare con i molti poteri locali. Se vuole governare e modernizzare il paese deve, in qualche modo, anche polemizzare con la tendenza della società a conservare tradizioni antiche e a mantenere gli equilibri di potere locale ad esse connessi. La storia afghana dell’ultimo secolo è segnata da un alternarsi di fasi di riformismo (che si concretizza in particolare in leggi sulla famiglia e sui diritti delle donne) e di fasi in cui le riforme sono respinte da tendenze politiche che fanno appello al rispetto di tradizioni ritenute tradite. Un colpo di stato ha più volte segnato il salto da una fase all’altra.Elisa Giunchi sottolinea come l’imposizione di riforme radicali dopo il colpo di stato del 1978 apra la via a reazioni nel paese e porti all’intervento militare sovietico. L’a. analizza il quadro delle relazioni internazionali attorno ai conflitti iniziati allora e in corso ancor oggi. Il gioco tra le potenze, si direbbe, diventa predominante tanto che gli equilibri interni del paese sono leggibili soltanto tenendo conto delle possenti ingerenze esterne. Tra queste, quella degli Stati Uniti è indubbiamente di importanza centrale anche se probabilmente non è sorretta dalla grande capacità strategica che le attribuisce Giunchi. Il ruolo giocato dagli USA è rilevante anche, e forse soprattutto, per la sua mancanza di lungimiranza. L’attenzione, giustamente rivolta verso il protagonismo degli USA, porta però l’a. a mettere in secondo piano l’azione dell’URSS. Vorremmo entrare più nel merito di quanto accade negli anni della disastrosa occupazione sovietica, perché questo è un aspetto indispensabile per comprende quanto avviene dopo. L’a. però non ci porta in questa direzione.L’ultima parte del libro tratta dei talibani, della loro sconfitta e della situazione di oggi. Stranamente quando affronta la politica di Karzaj e i suoi compromessi con esponenti politici prima legati ai talibani o difensori del tradizionalismo localistico, oppure quando descrive la Costituzione attuale, che lascia spazi al conservatorismo islamico, l’a. prende posizione criticando la mancanza di radicalità e i compromessi. Un governo troppo riformista, e troppo sensibile alle ragioni degli occidentali, avrebbe possibilità di influire sulla società afghana senza accentuare le consuete risposte conservatrici e localiste?

Marco Buttino