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Elisa Giunchi – Pakistan. Islam, potere e democratizzazione – 2009

Elisa Giunchi
Roma, Carocci, 220 pp., euro 16,50

Anno di pubblicazione: 2009

Questo di Giunchi, già autrice di un analogo volumetto sull’Afghanistan nella stessa collana, costituisce un importante contributo alla storiografia del subcontinente indiano in Italia. Il merito principale consiste nell’avere individuato le continuità e le cesure della storia dei musulmani del subcontinente prima e dopo la fondazione dello «Stato dei Puri». Contrariamente ad alcune riletture contemporanee, motivate dalla necessità di illustrare il pedigree di una parte politica o dell’altra, il volume mostra che il «nazionalismo a base religiosa» era solo uno dei tanti possibili esiti della vicenda coloniale britannica nel subcontinente. Infatti, l’a. dimostra in modo convincente che accanto al tradizionale sincretismo indù-musulmano che aveva visto l’apice nell’epoca «classica» dell’Impero Mughal (1526-1707), una corrente politico-intellettuale volta a restaurare la «autenticità del messaggio islamico» si era diffusa tra le élites musulmane dell’India nord-occidentale, non a caso l’area da cui sarebbe provenuta la classe dirigente del Pakistan. Il volume guida il lettore nelle intricate vicende alla base della partition donde sarebbe scaturito il Pakistan, chiarendo che l’opzione per uno Stato indipendente prese corpo molto lentamente e che essa non era favorita dalla classe religiosa tradizionale, ma dagli intellettuali modernisti, sia quelli formatisi in Europa come Rehmat ’Ali e Muhammad Iqbal, che quelli usciti dalle accademie locali come Sayyid Ahmad Khan. Avendo chiarito fin dall’inizio i problemi «congeniti» della «nazione pakistana», l’a. ci accompagna nella vicenda post-indipendenza, non solo riprendendo il tema delle innumerevoli tensioni interne a uno Stato multi-etnico e con scarsa coesione «nazionale», ma inserendo tale vicenda nella storia della guerra fredda e della sua versione regionale, con il Pakistan che si ritrovava all’incrocio con due grandi potenze (Urss e Cina), oltre che in perenne conflitto con l’India per la questione del Kashmir. L’esempio più efficace, sottolinea l’a., della debolezza del «nazionalismo islamico» che avrebbe dovuto reggere il Pakistan, è offerto dalla storia del Bengala islamico, entrato nel nuovo Stato come Pakistan orientale, ma da sempre in contrasto con le élites urdufone e «ortodosse» che occupavano il potere centrale, fino alla drammatica secessione e alla nascita di un Bangladesh indipendente (1971). L’a. correttamente individua nel 1971 uno importante spartiacque nella storia pakistana, dedicando i capitoli successivi all’islamizzazione della società, al processo di democratizzazione, e al ruolo dell’esercito nella vita politica del paese. L’ultimo capitolo copre gli eventi dell’ultimo decennio, dal golpe del generale Musharraf (1999) alle elezioni del 2008. Anche in questa ultima sezione, che per ovvie ragioni non può avvalersi di un consolidato dibattito storiografico, l’a. segue con chiarezza le tracce principali del volume. In definitiva, il volume costituisce una eccellente introduzione alla storia del Pakistan, offrendo, inoltre, numerosi spunti per ulteriori letture. L’unica pecca è forse la mancanza di una cartina che avrebbe potuto aiutare il lettore a collocare meglio gli avvenimenti.

Gennaro Gervasio