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Emilia e i suoi. Una famiglia del Sud dentro il Risorgimento

Anna Sanfelice Visconti
Roma, Aracne, 164 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2016

Primo titolo della collana «Tempus. Le forme della memoria» questo testo, arricchito
da una notevole galleria fotografica, si presenta come omaggio all’ava dell’a. e come desiderio
di ricomporre i tasselli di una storia familiare cominciata tra l’Irlanda e le province
meridionali. In effetti Anna Sanfelice Visconti ha visitato archivi britannici pubblici e
privati; pertanto lo spazio effettivamente accordato alla protagonista del titolo appare
tutto sommato contenuto. Molto più ricche le fonti, principalmente epistolari, relative ai
suoi numerosi figli e ancor più numerosi nipoti. Di conseguenza, quello che doveva apparire
come un nuovo saggio sul «Risorgimento invisibile» nel Regno borbonico finisce per
diventare soprattutto storia di uomini. Non è un male, dato che dalle lettere – generosamente
citate ma poco analizzate nell’insieme – emerge ugualmente l’intreccio di pubblico
e privato, di famiglia e nazione, di politica e affetti. Anzi, a questo proposito riteniamo
di dover piuttosto lamentare la scarsità, se non l’assenza, di riferimenti metodologici e
storiografici. Per quanto il cuore del libro sia immerso nel pieno del crollo del Reame
meridionale, non è dato trovare rimandi se non a qualche classico o a una pubblicistica,
perlopiù d’epoca o poco posteriore, di mediocre portata.
La storia plurigenerazionale di questa famiglia di patrioti campani, le cui vicissitudini
si snodano dalle cospirazioni carbonare fino alla Grande guerra, e che si mantiene
coerente con un patrimonio di valori liberal-moderati (che, quando riemergono i «neri»
e i «rossi», non esitano a evolvere in rigidamente conservatori), risulta indubbiamente
interessante, non solo per il nesso con le vicende del movimento patriottico e della Destra
storica, ma pure per quanto attiene a una storia sociale – qui si richiama dovutamente
Macry – che da qualche anno sembra essere passata in subordine. Celibati, monacazioni,
alleanze familiari, vedovanze piene di poteri, ascese e decadenze politico-economiche, per
quanto ripercorsi sul filo di una narrazione largamente indifferente agli spunti che via via
emergono, sembrano convalidare la tesi che antico regime e modernizzazione coesistettero
a lungo pure nella terra della persistenza del diritto civile napoleonico.
Se le fonti epistolari si confermano preziosissime per evincere i nodi delle tante
questioni messe in campo, resta l’interrogativo sugli intenti di una collana votata espressamente
alla «memoria». Sarebbe opportuno, infatti, che gli egodocumenti venissero
sempre inquadrati in un ampio contesto, e che l’evento coesistesse con la media durata
sulla base dei rimandi tra storie familiari e individuali e grandi processi. Sarebbe, in altre
parole, il caso di coniugare più strettamente ricomposizione della memoria e metodologia
scientifica. Altrimenti si rischia, come in questo libro, dove pure non mancano i nomi
celebri, di provvedere una narrazione certamente piacevole ma della quale si stenta a
ravvisare – oltre all’omaggio, soprattutto alla nonna, e al recupero delle glorie private – la
valenza storica

 Maria Pia Casalena