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Emilia Toscanelli Peruzzi – Diario (16 maggio 1854-1 novembre 1858) – 2007

Emilia Toscanelli Peruzzi
a cura di Elisabetta Benucci, Firenze, SEI, CLX-314 pp., Euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2007

Elisabetta Benucci ci avverte che «leggendo le pagine del diario qui trascritto, non si riconoscerà l’Emilia del diario a stampa», cioè l’Emilia di Vita di me, pubblicato nel 1934 dalla nipote Angiolina Toscanelli Altoviti Avila. Nella vecchia edizione si era intervenuto pesantemente sui manoscritti, espungendo i riferimenti al privato o alla quotidianità; questa invece è un’edizione integrale, filologicamente corretta, di una parte del diario. L’immagine di Emilia che ne risulta è sicuramente più ricca, perché queste pagine sono un esempio straordinario di «scrittura dell’io», del lavorio quotidiano di costruzione di sé. Gli spunti sono tanto numerosi, che è impossibile condensarli in poche righe. Un tema centrale è l’intensità del rapporto affettivo con il marito: i molti brani a lui dedicati, integrati dalle riflessioni su casi di «matrimoni male assortiti», sono una testimonianza di prim’ordine sul modello coniugale ottocentesco; «noi sposi moderni», scrive Emilia. Priva di figli e non attratta dalla maternità, la Peruzzi realizza se stessa nel ruolo di moglie: «Come donna sono un essere incompletissimo. Non do cittadini alla patria non ho missione da compiere […] ma come moglie raggiungo l’apice della felicità per la felicità che do e ricevo» (p. 77). Una frase da manuale, a p. 75: «Il sorriso e la gioia della sua donna sono la festa d’ogni uomo che torna a casa». Ma Ubaldino era «un uomo nato per gli affari e per le agitazioni della vita pubblica», annota con orgoglio, e al suo fianco lei poteva dare sfogo a quella «passione per la politica» che l’aveva animata fin da ragazza. Al riguardo scrive, e si noti la presenza di tre sinonimi nel periodo: «I miei gusti sono piuttosto quelli degli uomini che delle donne. Le cose patrie, gli studii, le occupazioni tutte, esclusi i lavori donneschi – i viaggi, l’operosità, la politica, la vita pubblica sono le mie passioni, le cose a cui mi dedico con trasporto» (p. 76). L’altro grande tema del diario è la «conversazione», diretta oppure a distanza, ossia nella forma epistolare. Il diario enumera una quantità enorme di visite fatte e ricevute, ne tiene quasi la contabilità, così come sono contate giorno per giorno le lettere ricevute o inviate. Sulle centinaia di nomi citati la Benucci ha fatto un utilissimo lavoro di ricerca biografica, ma l’analisi effettiva delle reti di relazione rimane da compiere. Nell’aristocrazia fiorentina, per esempio, i Peruzzi si muovono evidentemente come in famiglia, eppure non sembra calzare a quest’ambiente l’immagine «cetuale» proposta da T. Kroll (La rivolta del patriziato. Il liberalismo della nobiltà nella Toscana del Risorgimento, Firenze, Olschki, 2005). Colpisce, ancora, tra le frequentazioni dei Peruzzi, la consistenza e il livello della presenza piemontese: un riflesso del loro orientamento politico filosabaudo (cfr. nel diario le pagine sulla guerra di Crimea) e probabilmente la premessa per l’imminente ripresa della carriera politica di Ubaldino, con l’Unità. Un elenco telegrafico, infine, di altri temi interessanti: le letture di Emilia e il teatro; i suoi rapporti con la famiglia d’origine; la consuetudine dei bagni a Livorno; il colera del 1854-55.

Mirella Scardozzi