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Emilio Cristiani e Giuliano Pinto (a cura di) – Ernesto Sestan 1898-1998 – 2000

Emilio Cristiani e Giuliano Pinto (a cura di)
Leo S. Olschki, Firenze

Anno di pubblicazione: 2000

Sestan è inserito in una sorta di “formazione” della storiografia italiana nei decenni centrali del XX secolo; ma la sua esperienza presenta tratti di singolarità, dall’origine familiare al lungo itinerario professionale precedente l’approdo all’insegnamento universitario, ai caratteri stessi della sua produzione intellettuale. Molti importanti elementi documentari e critici sono raccolti ora negli atti del convegno dedicato a S. a Firenze nel 1998. Sul percorso di S. attraverso le “istituzioni del regime” (p. 115), dalla collaborazione al “Leonardo” a quella al Dizionario di politica, attraverso la Treccani e l’Accademia d’Italia si sofferma con ricchezza di documentazione Turi, sottolineando da un lato la tendenza di S. “a tenere distinte e separate la politica e l’attività culturale” (p. 121), seguendone dall’altro gli scritti, dai quali emergono fra l’altro il debito con Volpe – ed è tema, questo, circolante nel volume -, ed i nessi fra significativi contributi sestaniani di quegli anni – il saggio su Weber, le voci sull’Europa – e più generali discussioni a sfondo certo non solo tecnico-storiografico. Il saggio weberiano e quello del 1951 su Voltaire storico sono al centro del contributo di Rotondò; mentre Galasso tratta del S. medievista, storico delle città, fra Salvemini, Volpe, e l’apertura alla concezione crociata della storia etico-politica. Fra il S. medievista ed il contemporaneista sta il nodo centrale delle origini e dei caratteri delle “nazioni”; nodo che, data la particolare vicenda biografica del S. uomo di frontiera, e data la generale esperienza dei tempi, non si presenta certo come mero interesse intellettuale. Del tema Galasso fissa gli estremi: se lo Stato nazionale era per S. uno degli elementi specifici dell’età contemporanea, andava considerata, dall’altro lato, già in età precarolingia, la “dimostrata influenza dei quadri politico-territoriali ed etnico-politici nella determinazione delle origini nazionali” (p. 26). Soldani illustra il principio di nazionalità in S., con particolare attenzione agli scritti di argomento tedesco, muovendosi sul filo di una comparazione delle posizioni di S. con quelle di Chabod e documentando in modo convincente una serie di differenze, riconducibili alla diversa visione di S. del rapporto fra libertà e nazione, anche se è forse eccessivo vedere nel tardo S. una sorta di palinodia rispetto alla “religione insanguinata” della nazione (p. 100). Il volume comprende le testimonianze di Rosa sul S. pisano, di Cherubini sul suo magistero, il ricordo di La Penna; Cardini presenta i rapporti di S. con la cultura tedesca, Pinto l’attività nella Deputazione toscana, Fubini ne analizza la tarda autobiografia, e Porciani gli studi – e le polemiche – “toscani”.
Letture interessanti, e che non soddisfano solo curiosità storiografiche: da questi vecchi storici si impara parecchio. Turi ricorda le ironie di S. contro i “tentativi internazionali di espungere dai manuali scolastici i motivi di conflitto tra Stati” (p. 146). Da buono storico, Sestan aveva ragione.

Mauro Moretti