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Emilio Gentile, Emilia Campochiaro (a cura di), – Repertorio biografico dei Senatori dell’Italia fascista, – 2004

Emilio Gentile, Emilia Campochiaro (a cura di),
Napoli, Bibliopolis, 2003, 5 voll. pp. LX-2698, s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2004

L’Archivio storico del Senato della Repubblicana dà il via con questi volumi ad un suo Repertorio biografico, che prevede tre sezioni, rispettivamente per la fase liberale, fascista e repubblicana. Come avverte il presidente Pera nell’introduzione, i repertori esistenti sono incompleti e imprecisi, essendo per la maggior parte scritti per finalità diverse dalla documentazione storiografica. Non si può dunque che plaudere all’iniziativa che ci consente di disporre di uno strumento rigoroso, perché predisposto da una équipe di professionisti di alto livello, con accesso privilegiato a tutte le fonti per fornire schede biografiche complete. Supponiamo che la decisione di aprire col Senato fascista sia legata tanto allo spazio temporale di riferimento, incomparabilmente più breve rispetto agli altri due periodi (qui un ventennio; il triplo per ciascuno degli altri due periodi), quanto alla maggiore disponibilità di dati certi rispetto al periodo liberale e alla qui ormai superata questione di misurarsi anche con dei viventi (o scomparsi da poco) come sarà inevitabilmente per il periodo repubblicano.
L’opera è aperta da un saggio storico di Emilio Gentile (pp. 1-90), che traccia, con la competenza e il rigore che tutti gli riconoscono, una narrazione ed al tempo stesso una interpretazione di questa fase storica della nostra seconda Camera. Una vicenda connotata da una caratteristica peculiare: al momento della presa di potere del fascismo c’erano 398 senatori nominati durante il regime liberale e si trattava di membri a vita. Nonostante questo, il Senato non fu affatto un elemento di dissenso, men che meno una spina nel fianco del nuovo regime: e dire che esso fu piuttosto ?filofascista? che ?fascista?, sicché il regime avrebbe tentato di ?demolirlo? (come cercò di far credere a posteriori Federzoni), è una tesi che Gentile giustamente ridimensiona. Piuttosto andrebbe valutato quanto questa seconda Camera finisse per rappresentare, quasi icasticamente, le ambiguità e le contraddizioni della situazione italiana. Colpisce sia che il regime si tenga questo istituto di chiara derivazione liberale, nonostante le vivaci polemiche fra alcuni intellettuali fascisti su una riforma costituzionale da fare (che avrebbe così davvero colpito al cuore la posizione della casa regnante), sia che esso lo usi nella duplice veste di occasione per infiltrasi nella formazione di una élite politica (con il ?laticlavio? conferito a fedeli membri del Partito) e di strumento per omogeneizzarsi élite più ?governative? che fasciste.
Ci si consenta per spiegare quest’ultima affermazione di citare il caso di Alberto Beneduce, nominato senatore nell’aprile 1939, ampiamente attivo nel regime (dal 1925 era membro della Confederazione fascista bancaria), ma iscritto al PNF solo nel 1940 (sia pure con retrodatazione d’ufficio dell’iscrizione al 3 marzo 1925). Sono notizie che si desumono dall’accurata scheda a lui dedicata, e che da sole danno il senso dell’utilità di questi repertori, quando sono, come nel nostro caso, così puntuali e rigorosi.

Paolo Pombeni