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Enrica Capussotti – Gioventù perduta. Gli anni Cinquanta dei giovani e del cinema in Italia – 2004

Enrica Capussotti
Firenze, Giunti, pp. 316, 10,00

Anno di pubblicazione: 2004

Sul piano dei mutamenti culturali, la società italiana del secondo dopoguerra è stata fino a tempi non lontani un campo di indagine storiografica pressoché sconosciuto. Negli ultimi due decenni, a segnare un netto passo in avanti sono tra l’altro intervenute importanti ricerche, riconducibili agli studi sulle identità di genere, alla storia dei mezzi di comunicazione di massa, a quella del tempo libero e delle dinamiche di sociabilità (inclusa quella politica, della militanza di base) in ambiti circoscritti. È forse ancora troppo presto per ambire a una sintesi di questi diversi segmenti interpretativi; ma in certe opere recenti pare già prendere forma l’intuizione che una storia culturale di significativa ampiezza non potrà risiedere in nessuno degli ambiti tematici in cui la ricerca divide artificialmente l’esperienza delle persone, ma dovrà tendere ad abbracciarli tutti, ad approssimarsi insomma il più possibile a una realtà esperienziale multiforme, ibrida e forse non del tutto cartesiana.
Questo libro è certo un buon passo in tale direzione. Il tempo è quello degli anni Cinquanta, lo spazio è l’Italia, i personaggi sono i ragazzi e le ragazze, le fonti principali il cinema e gli altri media ad esso collegati. Per l’autrice, le rappresentazioni mediatiche dei ?giovani? vanno analizzate alla luce dei loro non lineari, e soprattutto non segnati da passività, percorsi di ricezione da parte dei principali destinatari, i giovani stessi: i quali finiscono in quegli anni per diventare, come e più che nei decenni passati, metafore astratte di una controversa e scottante modernizzazione. La ricerca insiste su ansie e pulsioni normative che i media proiettano sulla condizione giovanile, ma al contempo punta a dar conto dei desideri, sentimenti, significati che i teenagers italiani ? inedito soggetto collettivo ? esprimono nelle loro modalità di aggregazione, contestazione, consumo culturale. Un continuo sforzo di contestualizzazione e di connessione fra codici diversi percorre tutto il volume: come quando si individua, ad esempio, nella partecipazione delle ragazze al montante divismo la via di una nuova legittimazione del desiderio femminile (p. 119), o si registrano antiche paure di ?degenerazione?, talvolta con evidenti accenti razzisti, ?in una civiltà dominata dal paradigma dello sviluppo progressivo? (p. 218) che affronta l’esplosione di danze e ritmi ?selvaggi?. L’attenzione per le dinamiche della mascolinità, cui è dedicato un intero capitolo, è uno dei tratti più innovativi dell’opera: una dimensione dell’identità che molto efficacemente viene intrecciata, nel vivo dell’analisi, con altre questioni simbolicamente cruciali, come la definizione di un ?carattere nazionale?, le ambivalenze della modernità, le appartenenze di classe. Si aggiunga una mole notevole di rimandi bibliografici in varie discipline, insieme a un’appropriata contestualizzazione dei maggiori temi del volume in prospettiva cronologica (la storia della nozione di ?giovinezza?, ad esempio) o internazionale (il rapporto fra cultura di massa made in Usa e tradizione nazionale, evitando la facile scorciatoia della ?americanizzazione?), e ce n’è davvero abbastanza per consigliare la lettura di questo libro, che risulterà utile a persone interessate a un ventaglio davvero ampio di temi, testi e approcci metodologici.

Sandro Bellassai