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Enrico Cavalli – La grande Aquila. Politica, territorio ed amministrazione ad Aquila tra le due guerre – 2003

Enrico Cavalli
L’Aquila, Edizioni libreria Colacchi, pp. 253, euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2003

Il volume di Cavalli conferma la lettura di Luigi Ponziani sulla convergenza precoce, rispetto ad altre realtà meridionali, tra fascisti e tradizionale notabilato conservatore che caratterizza il caso abruzzese. Nell’aquilano le nuove élites di ceto medio fascista e il vecchio notabilato conservatore si saldano, in una comunanza d’interessi e di valori, intorno ad un moderatismo normalizzatore e antisovversivo, in grado di garantire percorsi di mobilità sociale e politica ai nuovi arrivati e il consolidamento delle posizioni di potere già acquisite alle élites tradizionali. Particolare attenzione è data al ruolo di Adelchi Serena che rappresenta il punto di garanzia e d’equilibrio tra vecchie e nuove élites. Il primo capitolo del libro affronta queste vicende attraverso una periodizzazione canonica, dal dopoguerra al 1926, cha dà ampio spazio al rapporto tra combattenti, fascisti e notabili.
Il secondo e il terzo capitolo sono dedicati al progetto di costruzione della ?grande Aquila? che il ceto dirigente fascista porta avanti attraverso l’unificazione amministrativa tra la città e otto piccoli Comuni rurali. Questo percorso è letto come la risposta allo smembramento territoriale della vecchia Provincia aquilana realizzato con la legge di riordino delle unità amministrative del 1927. Il passaggio del ricco mandamento di Pepoli alla nuova Provincia di Pescara e dell’ex circondario di Cittaducale alla Regione Lazio, acuisce il tradizionale isolamento geografico e la debolezza socioeconomica dell’Aquilano. La costruzione della Grande Aquila è il tentativo, fortemente impregnato d’orgoglio municipalistico e supportato da retoriche identitarie, di riaffermare l’egemonia regionale della città, riconvertendo l’economia agropastorale verso un nuovo modello di sviluppo turistico basato sulla valorizzazione del patrimonio naturalistico del Gran Sasso e di quello monumentale e archeologico del centro storico. Da qui la particolare attenzione all’analisi delle trasformazioni urbanistiche e territoriali. È questo, secondo l’autore, l’asse centrale su cui ruota la politica del ventennio in grado di ricucire organicamente le valenze ideologiche e culturali e gli interessi economici della classe dirigente fascista aquilana. L’autore si sofferma sui limiti politici e socioculturali di questo progetto che ebbe l’esito di disaggregare il tessuto organico di relazioni socioeconomiche tra città e campagna fino a quel momento garantito dall’autonoma presenza dei Comuni rurali. In questa parte del volume i temi della storia amministrativa, di quella economica e sociale, nonché di quella politica si saldano in un articolato affresco delle dinamiche territoriali. In questa prospettiva il volume offre materiali di riflessione sui temi più generali del ruralismo fascista, sugli esiti della riforma amministrativa del 1927 e sui processi di costruzione delle identità locali durante il ventennio. Offre infine un ulteriore tassello alla comprensione dello spostamento dell’asse dello sviluppo dalle aree centrali dell’Appennino verso la costa adriatica.

Salvatore Adorno