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Enrico Francia – Le baionette intelligenti. La guardia nazionale nell’Italia liberale (1848-1876) – 1999

Enrico Francia
il Mulino, Bologna

Anno di pubblicazione: 1999

Il libro descrive la storia di un’istituzione dalla traiettoria piuttosto sfortunata. Introdotta in Piemonte nel 1848, la guardia nazionale viene infatti abolita nel 1876, dopo essersi rivelata più volte inefficiente, inaffidabile, pericolosa, mal sopportata dai cittadini, per niente amata dalle élites politiche, che non la valorizzano mai, ma cercano, semmai, di “svuotarla” dei suoi contenuti potenzialmente pericolosi.
Questo elenco di attributi negativi nasce da valutazioni formulate dalle stesse élites liberali; e, in linea generale, il punto di osservazione adottato dall’a. è proprio quello di queste élites; la chiave interpretativa per render ragione di un percorso istituzionale così fallimentare è così quella dell’inadeguatezza tecnica e politica di un’istituzione che – in un contesto tumultuoso e conflittuale, come quello degli anni di fondazione del Regno d’Italia – avrebbe potuto rivelarsi una pericolosissima arma a doppio taglio.
Tuttavia non occorre aspettare l’unificazione ed i problemi dell’Italia meridionale per osservare la diffidenza delle élites liberali davanti alla guardia nazionale; esse, infatti, nel 1848 tendono a concepirla piuttosto come uno strumento di controllo dell’ordine sociale che come un’espressione della nazione in armi, tanto che nello Statuto Albertino non si parla di “guardia nazionale”, ma di “milizia comunale”, una variante definitoria elaborata dal Consiglio di conferenza, che comunque esprime bene le idee degli ambienti liberal-moderati. E in effetti mi sembra si possa dire – sulla base delle testimonianze offerte dallo stesso a. – che i liberali subiscono una istituzione chiesta a gran voce dalle opinioni pubbliche di diversi Stati della penisola tra 1847 e 1848, senza tuttavia minimamente condividerne la ratio fondamentale.
Ma il punto mi pare stia proprio qui: l’idea del popolo/nazione in armi affonda le sue radici in un lontano passato, ed in una genealogia discorsiva – quella repubblicano-democratica – che, in Italia, ha trovato tra i suoi interpreti Niccolò Machiavelli, i patrioti del Triennio, Carlo Cattaneo. Si tratta di quanto di più radicalmente lontano si possa immaginare rispetto all’universo mentale del liberalismo italiano. Di quest’altra linea di pensiero l’a. non parla mai: ma un più approfondito confronto tra questa tradizione e la cultura liberale avrebbe potuto precisare il quadro generale, e forse anche spiegare più compiutamente le ragioni del fallimento di un’istituzione in realtà mai voluta dalle élites liberali, prima ancora che affossata dal suo cattivo funzionamento.

Alberto M. Banti