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er indegnità morale. Il caso Pasolini nell’Italia del buon costume

Anna Tonelli
Roma-Bari, Laterza, 155 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2015

La vicenda giudiziaria che vede protagonista un giovane Pasolini, ancora friulano, è
lo spunto principale di questo libro: i carabinieri, nell’estate del 1949, ricevono una segnalazione
secondo la quale si sarebbe appartato con quattro minorenni in campagna, in
occasione di una festa di paese, facendosi masturbare. Sui fatti non v’è dubbio e, in se stesso,
il caso sarebbe banale in una storia del rapporto tra sessualità dissidenti e gestione della
pubblica moralità. L’a. ne fa emergere però le specificità, alla luce del più ampio contesto
politico e culturale dei primi anni repubblicani. E, nel farlo, si avvale sia di una storiografia
consolidata, sia di ulteriori scavi archivistici che ne precisano i contorni locali.
Sullo sfondo incombe la vocazione educativa dei due principali partiti di massa, alla
quale è dedicato un lungo capitolo introduttivo. Modelli diversi ma non contrapposti si
fronteggiano: da un lato l’onesto e buon (demo)cristiano; dall’altro, il bravo e integerrimo
compagno comunista. Che rettezza morale e affidabilità politica siano sovrapponibili è un
presupposto chiave della vicenda: è infatti un attivista politico, un giovane intellettuale
segretario di sezione il Pasolini protagonista dello «scandalo».
L’a. sposa fondamentalmente la tesi della «trappola democristiana», argomentando
sulla base di indizi. In ogni caso, che si tratti o meno di un piano ordito a tavolino, non
stupisce affatto che – nel clima di rigida contrapposizione e di costruzione del «nemico» –
l’episodio si presti a una strumentalizzazione da parte del ceto politico locale in funzione
anticomunista. Né stupisce che, da parte comunista, si proceda per «indegnità morale» a
un’espulsione frettolosa, i cui dettagli vengono ricostruiti minuziosamente. L’immoralità
del dirigente danneggia un partito che, del resto, nutre nei confronti degli «invertiti»
un’avversione che oggi diremmo omofoba.
Sul terreno giudiziario la vicenda si chiude con un’assoluzione in appello. Ma quello
che interessa all’a., a questo punto, è mostrare come su Pasolini convergano in seguito
ancora una volta le critiche sia dei comunisti sia dei moralisti democristiani. Così quando
Garzanti pubblica Ragazzi di vita, nel 1955, alle valutazioni arcigne dei recensori comunisti
farà da pendant l’imputazione di oscenità che porta al sequestro del libro e a un nuovo
processo (il verdetto sarà assolutorio).
Il libro segue ancora Pasolini per qualche anno, nella sua collaborazione con «Vie Nuove
»; e un opportuno rilievo riceve la rubrica di posta con i lettori tenuta dal 1960 al 1965.
Passando per il Vangelo secondo Matteo si chiude poi su Comizi d’amore, il documentario
sui costumi sessuali degli italiani presentato nel 1965. Reazioni più complesse suscitano
ora le sue opere. Per la destra è sempre un bersaglio allettante ma il fronte cattolico e quello
comunista appaiono al loro interno più compositi, a marcare la distanza che separa l’Italia
degli anni ’60 dall’immediato dopoguerra. Un percorso che in questo caso, sulle tracce di
Pasolini, è lettura quanto mai godibile anche per il lettore non specialista.

 Domenico Rizzo