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Ernesto Galli della Loggia – Tre giorni nella storia d’Italia – 2010

Ernesto Galli della Loggia
Bologna, il Mulino, 161 pp., € 10,00

Anno di pubblicazione: 2010

Attraverso l’analisi di tre eventi-processo (l’affermazione del fascismo, la vittoria della Dc sul Fronte popolare e l’ascesa di Berlusconi) riconducibili a tre giorni del ‘900 italiano e corrispondenti ai tre capitoli di questo agile libro dal taglio divulgativo, l’a. riflette su quanto sia stato, e sia tuttora, «tormentato e difficile l’apprendistato del nostro paese alla democrazia» (p. 14). Contrastando le interpretazioni gobettiane, fascismo, regime democristiano e berlusconismo non sarebbero affatto iscritti in alcuna «autobiografia della nazione», paradigma che prefigura «l’esistenza di un insieme di caratteri congeniti del paese che lo terrebbero legato a un oscuro destino negativo» (p. 15). Vi sarebbero invece cause ben precise, la prima delle quali l’ambiguità di un sistema politico che, fin dal 1861, si caratterizzò per la sua subalternità al demos, cercando sempre – seppur parzialmente – l’iniziativa «dal basso», nel tentativo di coniugare monarchia e rivoluzione, difesa della legalità e imprese sovversive, etichetta patrizia e spregiudicatezza plebea. Un vizio d’origine che avrebbe prodotto «un marchio inconfondibile e permanente: la profonda estraneità verso ogni prospettiva di tipo conservatore» (p. 20), da cui l’assenza di una classe dirigente degna di questo nome.A ciò si aggiunga – ed è questo l’altro cruccio dell’a. – la presenza di un radicalismo politico tendenzialmente sovversivo, mai contrastato energicamente. Aderendo acriticamente a rappresentazioni coeve sulla cui attendibilità la storiografia più accorta si è già pronunciata a sufficienza, secondo l’a. tale interpretazione sarebbe confermata da vari riscontri. Nel 1919-20 da episodi quali, ad esempio, la proibizione «agli ufficiali di uscire per le vie indossando la divisa per evitare aggressioni o manifestazioni ostili» e dall’atteggiamento di un Psi che, laddove maggioritario, instaurò «un vero e proprio potere prerivoluzionario, alternativo a quello legale» (p. 37). Nel 1945-46 da un uso strumentale e ricattatorio delle epurazioni da parte di un Pci corresponsabile, come nel «triangolo rosso», di «eliminazioni di sacerdoti, di proprietari liberali, di attivisti ed ex partigiani democristiani, che inducono i contemporanei a pensare di trovarsi di fronte alla prova generale di una precisa strategia pararivoluzionaria» (p. 71). Nel 1992-94 da un uso politico (unidirezionale, in collusione con giudici «politicizzati» e servendosi finanche della piazza) delle inchieste di «Mani pulite» da parte di uno schieramento che andava dal Pci a un’area «genericamente democratica» e che generò tra le fila dell’Italia «ostile alla sinistra» un «effetto mobilitante» attorno a colui che avrebbe potuto sbarrare la strada a una vittoria elettorale percepita come truffaldina.Dato che si trattò di tre «reazioni», secondo Galli della Loggia i principali responsabili dei tre giorni che sconvolsero l’Italia sono dunque rintracciabili tra le fila di una sinistra giacobin-massimalista (categoria che, nell’ultimo scorcio del ‘900, includerebbe anche parte della magistratura) permanentemente in bilico tra aneliti rivoluzionari e slanci giustizialisti. Tesi e opinioni non nuove anche se sicuramente à la page.

Eros Francescangeli