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Europei al voto. Politica, propaganda, partecipazione in Italia, Francia e Regno Unito 1979-1989

Doriana Floris
Milano, FrancoAngeli, 231 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2017

I sondaggi effettuati dall’Eurobarometro, dalla sua istituzione nel 1973 al 1988, rivelano come le opinioni a favore del processo d’integrazione comunitaria siano aumentate progressivamente, trainate da aspettative di benefici e supportate da maggiori conoscenze sulle istituzioni sovranazionali. Eppure le prime tre elezioni del Parlamento europeo misurano una partecipazione in calo, diminuita dal 62 per cento nel 1979 al 59 nel 1984 e al 58,4 nel 1989. Sono gli interrogativi sollecitati da questi dati, e da altri che mostrano comportamenti differenti fra gli elettorati nazionali, a percorrere la ricerca di Floris, che li affronta con un’analisi comparativa fra i casi dell’Italia, della Francia e del Regno Unito.
Il primo capitolo del volume inquadra storicamente il Parlamento europeo, cioè le funzioni ricoperte nella vita comunitaria, le culture e le forze politiche in esso presenti e, infine, l’evoluzione del dibattito e della normativa per la sua composizione. Si evidenziano, fra l’altro, le questioni emerse dalle leggi adottate singolarmente dagli Stati per eleggere gli eurodeputati e le divergenze che segnarono le proposte di uniformarne i criteri.
I tre capitoli successivi sono dedicati alle elezioni del Parlamento europeo svoltesi dal 1979 al 1989. Avvalendosi di fonti quantitative, documentali e a stampa, l’indagine esplora i casi nazionali prendendone in esame la situazione politica, lo svolgimento degli appuntamenti elettorali e l’esito del voto. Avrebbe meritato, invece, maggiori approfondimenti la propaganda elaborata e finanziata direttamente dalla Comunità, alla quale pure si accenna.
Al centro della riflessione stanno i dati sulla partecipazione elettorale: in Italia, i votanti calarono dall’85,65 per cento nel 1979 all’82,5 nel 1984 e all’81,1 nel 1989; in Francia, diminuirono dal 60,7 per cento al 56,7 e al 48,8; nel Regno Unito, dove nel 1979 votò il 32,35 per cento degli aventi diritto, la percentuale aumentò al 32,6 nel 1984 e al 36,4 nel 1979. Tali differenze sono ricondotte ai sistemi elettorali, alle culture del voto, ai contesti politici e al discorso europeista, che in paesi fondatori della Comunità come Italia e Francia aveva argomentazioni diverse dal Regno Unito, dov’era polarizzato su vantaggi e svantaggi di un’adesione controversa. Il fatto che la partecipazione fosse stata ovunque inferiore a quella delle elezioni politiche è attribuita, invece, alla scarsa presenza delle questioni europee nel dibattito politico e dell’opinione pubblica, a propagande segnate da temi e obiettivi nazionali, nonché a un astensionismo consapevole nell’elettorato europeista, demotivato dalle scarse prerogative del Parlamento europeo. Quest’ultimo elemento, che contribuisce a rispondere ai quesiti della ricerca, è indicato a supporto di una chiave interpretativa, non nuova in sede storiografica, che spiega i risultati delle elezioni europee anche sulla base di motivazioni proprie, in contrasto con la loro concezione di second order elections diffusa nelle analisi politologiche.

Valerio Vetta