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Fabio Bertini – Le parti e le controparti. Le organizzazioni del lavoro dal Risorgimento alla Liberazione – 2004

Fabio Bertini
Milano, Franco Angeli, pp. 232, euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2004

Questo saggio esplora temi appassionanti cui a mio parere non giova la compressione all’interno di un’organizzazione dei testi quasi ?da manuale universitario? a cui d’altra parte spingono le molte trasformazioni del lavoro accademico. Ma gli interessi specialistici e le passioni conoscitive dell’autore si fanno ugualmente strada, soprattutto nei primi due capitoli.
Bertini è autore di un lavoro innovativo sulle radici e le stratificazioni sociali e culturali del movimento democratico in Toscana (Risorgimento e paese reale: riforme e rivoluzione a Livorno e in Toscana 1830-1849, Firenze, Le Monnier, 2003). Conosce bene, e ricostruisce con grande padronanza della bibliografia e di fonti di prima mano, il movimento mutualistico e individua in esso l’origine di due percorsi diversi e contrapposti. Il mutualismo è spesso una delle forme della filantropia di esponenti delle classi dirigenti degli Stati preunitari preoccupati della questione sociale, ma è anche l’occasione per esperienze di organizzazione autonoma di salariati e artigiani che si distinguono dalle organizzazioni filantropiche attraverso battaglie organizzative e statutarie. Data la debolezza, in Italia, delle organizzazioni di mestiere che in Germania e in Inghilterra hanno fornito i nuclei a partire dai quali si è sviluppata una sindacalizzazione di massa, il mutualismo è stato all’origine di esperienze come le leghe e le organizzazioni camerali. A partire dall’intervento dei notabili nel mutualismo, Bertini ricostruisce anche una possibile storia dei tentativi di costruzione di un sistema di previdenza e di assistenza senza intervento diretto dello Stato, e dei difficili rapporti fra organizzazioni datoriali, sindacati, istituzioni, associazioni, prima della grande svolta della guerra mondiale. Il volume non mette in rilievo tale data come svolta internazionale dei rapporti fra economia e Stato. Invece, con estrema attenzione alle vicissitudini culturali e alle interpretazioni soggettive di dirigenti e militanti, dedica un interessante capitolo alla duplice ?utopia? del sindacato fascista. Quella dei dirigenti nazionali che credettero di trovare nella legislazione sindacale fascista di ispirazione nazionalistica il riconoscimento pubblico che altre esperienze statali avevano offerto, ad esempio, con l’istituto dell’arbitrato, rimuovendo dal loro bilancio il divieto del conflitto e dello sciopero come strumento di conquista e come occasione di riconoscimento e di identità. E quella dei molti fiduciari che hanno tentato un’impossibile fedeltà all’autonomia dei lavoratori all’interno di qualsiasi regime e le cui storie ci sono ancora in gran parte sconosciute.
In conclusione: si tratta di un lavoro che nonostante l’impianto didattico ci restituisce attraverso informazioni minuziose su persone e organizzazioni il quadro di un mondo del lavoro dalle molteplici tradizioni e tardivamente unificato, in età repubblicana, in seguito a generose scelte politiche insite nella lotta di Liberazione.

Maria Grazia Meriggi