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Fabio Caffarena – Lettere dalla Grande guerra. Scritture del quotidiano, monumenti della memoria, fonti per la storia. Il caso italiano – 2005

Fabio Caffarena
Milano, Unicopli, pp. 302, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2005

Le scritture di guerra come i diari, le lettere, le memorie, in particolare quelle dei soldati, hanno sempre destato l’interesse degli studiosi, sebbene non siano mai state, se non in tempi recentissimi, adeguatamente considerate come fonti attendibili o anche solo degne di considerazione. Le ragioni sono molteplici, ma vanno ricercate soprattutto nella consueta diffidenza verso le carte prodotte dalle cosiddette classi subalterne e, più in generale, verso la sfera della soggettività. Il libro s’inserisce pertanto in un filone di studi che negli ultimi anni ha avuto il merito di valorizzare ? attraverso la conservazione, la fruizione e la pubblicazione di una serie ormai rilevante di testi ? questo genere di documentazione.
Sono in particolare le lettere intese innanzitutto come ?scritture del quotidiano? a essere al centro di questa vasta ricerca di Caffarena. Che la Grande guerra fosse stata il primo grande momento di ?scrittura di massa? già si sapeva, ma i dati forniti nel volume danno tutta la cifra di un fenomeno che l’autore si preoccupa poi d’indagare e di sezionare nelle sue varie componenti, individuando rilevanze, occorrenze e rimozioni. L’esigenza e la possibilità di scrivere sono quasi un prolungamento dell’esperienza bellica e quella ?raccontata? attraverso le lettere risulta essere una guerra in un certo senso ?filtrata? da forme di autocensura preventiva che, tuttavia, non impediscono al combattente ? impegnato in un complesso e spesso conflittuale ma sempre necessario rapporto con la scrittura ? di restituire la quotidianità e perfino tutta la violenza della trincea.
La struttura del libro rimanda a un’impostazione metodologica che permette una lettura a vari livelli. Dalla scrittura intesa come espressione della soggettività alla ?monumentalizzazione? delle testimonianze il passo può essere breve. La memoria del conflitto si alimenta anche di questi frammenti, in un processo che negli anni ’20 e ’30 permette ? o impone ? che il privato della guerra diventi pubblico, che il familiare diventi nazionale. Il tutto avviene in un quadro dove la necessità di creare una ?religione della patria?, anche a livello locale, vede impegnati diversi attori sociali in quella che a prima vista è una diffusa e pulviscolare elaborazione del lutto collettivo, ma che non manca di essere talvolta un contraddittorio tentativo di declinare la morte in maniera patriottica e retorica. Ecco dunque che archivi, musei e raccolte diventano giocoforza lo spazio ?emerso? di una minima parte delle missive dei soldati, quella parte che si è conservata fino a noi e che certamente è ancora in gran parte da studiare e da inserire problematicamente, almeno per il caso italiano, nella discussione storiografica sulla Grande guerra. In questo senso il libro costituisce anche un utile strumento per orientarsi nella fittissima rete dell’epistolografia di guerra, in quanto fornisce una mappatura, comprensibilmente non esaustiva ma comunque ragguardevole, degli archivi nei quali è possibile rinvenire queste scritture divenute a tutti gli effetti ?fonti per la storia?.

Daniele Ceschin