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Fabrice d’Almeida (a cura di) – L’éloquence politique en France et en Italie de 1870 à nos jours – 2001

Fabrice d’Almeida (a cura di)
Roma, École Française de Rome, pp. 330, s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2001

Che l’eloquenza non sia un fattore ininfluente nella società e soprattutto nella politica contemporanea non è mai stato messo in dubbio, tuttavia raramente la storiografia ha preso in considerazione questo tema, soprattutto per quanto riguarda le epoche più recenti. Il convegno dell’Università di Nanterre, di cui questo volume costituisce gli atti, ha il merito di mettere al centro del discorso storiografico l’eloquenza e di storicizzarne l’analisi. Bisogna tuttavia evidenziare che uno degli obiettivi che il convegno si proponeva, quello di scrivere una storia comparata dell’eloquenza in Francia e in Italia, è rimasto per lo più disatteso, in particolare per l’esiguità di saggi sul caso italiano. Tuttavia il volume, e in particolare l’unico saggio propriamente comparativo, quello di d’Almeida sulla trasformazione dell’oratoria politica in Francia e in Italia tra gli anni ’60 e ?90, permette di apprezzare l’importanza di un approccio comparativo sul caso italiano e francese relativamente a questi temi.
Il volume è di grande interesse e la varietà dei saggi presenti giustifica ampiamente la necessità di una maggiore attenzione per l’eloquenza politica. Un tema che, come dimostrano bene i saggi pubblicati in questo volume, permette di ritornare sulla natura e le forme della nazionalizzazione delle masse (si veda in particolare il saggio di Brice sulla costruzione dell’identità italiana), della rappresentanza politica (si veda il saggio di Roussellier sulla diffusione dell’eloquenza in Francia nella terza Repubblica) e del consenso (si vedano i saggi di Wievorka sull’arte oratoria del generale De Gaulle e quello di Caretti sul Presidente della Repubblica Sandro Pertini, ma anche di Morin e Tartakowsky sulla messa in scena dell’eloquenza nei congressi socialisti e comunisti degli anni ’30 e ’40). Il volume permette inoltre di riflettere sul rapporto tra luoghi della politica e oratoria politica (si vedano in particolare i saggi di Guislin sulle tecniche retoriche parlamentari nella terza Repubblica e di Moretti sull’eloquenza liberale in Italia, di Quagliariello su Salvemini conferenziere antifascista, di Delporte sull’oratore politico e l’uso della televisione negli anni ’50).
Particolarmente interessante è poi l’attenzione prestata alle tecniche della retorica (in particolare nei saggi di Sève, Muller, Riosa) e alle forme di apprendimento e a quelle di formazione degli oratori (si vedano i saggi di Jensen, Colon, Audigier), oltre che al sincretismo tra differenti oratorie (si veda il saggio di Becker sul rapporto tra parola religiosa e oratoria politica nella Grande Guerra o, tema ricorrente, il rapporto tra l’oratoria giuridica e quella politica, sottolineato in particolare da Le Béguec).
Appare tuttavia problematica la scelta di lasciare a margine di questa interessante panoramica l’oratoria non democratica che sembra così relegata al ruolo di parentesi nella storia della politica e dell’eloquenza politica.

Giulia Albanese