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Fascist Italy and the League of Nations, 1922-1935

Elisabetta Tollardo
London, Palgrave, 319 pp., € 96,29

Anno di pubblicazione: 2016

Il rapporto fra fascismo e Società delle Nazioni (SdN) è stato assai studiato sia da
analisti coevi agli avvenimenti sia dalla storiografia politica, delle scienze diplomatiche
e delle relazioni internazionali. Insoddisfatta dalle letture proposte fino ad oggi, l’a. di
questo studio si è posta l’obbiettivo di confutare l’immagine di una presenza fascista a Ginevra
interessata solamente all’affossamento della Società, illustrando percorsi biografici e
professionali del personale italiano fino alla crisi etiopica.
Il principale merito dell’a. risiede nella ricostruzione del profilo del personale italiano
a Ginevra (esponenti del Ministero degli Esteri, diplomatici e tecnici civili e militari)
messo in relazione col funzionamento di uffici e strutture nelle quali vennero impiegati,
tenendo sempre in primo piano due categorie: il grado della loro fascistizzazione e la
collocazione delle proprie competenze professionali al servizio di una Weltanschauung
nazionalista o internazionalista. Lo studio affronta l’operato di un ristretto gruppo di
funzionari che rappresentano per provenienza culturale, credenze religiose, visioni politiche
e temperamento, uno spaccato dei possibili modi attraverso i quali il singolo poteva
collocarsi nel rapporto fra una istituzione internazionale e l’imperialismo fascista.
Esigenza dell’a. è contestare l’idea di un fascismo che non sia stato cooperante con
Ginevra (al di là del vulnus di Corfù) almeno fino al 1935 e che l’azione italiana sulla
scena internazionale abbia boicottato lo spirito di appeasement dell’edificio wilsoniano.
Per far questo viene sottolineato non solo l’apprezzamento da parte di colleghi stranieri
del lavoro svolto da funzionari e tecnici italiani, ma anche la continuità della presenza di
alcuni di questi nelle istituzioni internazionali fra fascismo e postfascismo. Quest’ultimo
tema viene rivendicato come particolarmente nuovo dall’a. e si inserisce in una più ampia
riflessione sulla necessità di confrontare le esperienze di funzionari fra due appartenenze
potenzialmente inconciliabili: la patria fascista e l’internazionalismo ginevrino.
Utile la ricostruzione delle scelte personali di funzionari che introiettarono in maniera
differente il significato della propria azione (soprattutto al momento dell’uscita
di Roma dalla SdN nel dicembre 1937) secondo un ampio spettro comportamentale:
dall’oltranzismo fascista, revisionista e scettico verso Ginevra, alla rottura col regime emigrando
di là dall’Atlantico.
Se le affermazioni sul bisogno del fascismo di partecipare alla scena internazionale
anche attraverso la presenza a Ginevra ci sembrano più che condivisibili, non ci pare che
questo studio apporti alla consapevolezza storiografica del rapporto fra fascismo e SdN le
novità interpretative affermate dall’a. Spesso il senso di novità rivendicato dagli studiosi
relativamente alla propria fatica è conseguenza di una conoscenza ancora parziale delle
complessità del fascismo nella crisi internazionale fra le due guerre che una maggiore
dimestichezza bibliografica aiuterebbe a ricollocare in una più sobria proporzione

Simone Duranti