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Fault Lines. Earthquakes and Urbanism in Modern Italy

Giacomo Parrinello
New York- Oxford, Berghahn, 2015, XIV-260 pp., $ 120,00

Anno di pubblicazione: 2016

Parrinello, studioso di formazione italiana, ha lavorato negli Usa e in Austria ed è
attualmente ricercatore di storia ambientale al Centre d’histoire de Sciences Po di Parigi.
Fault Lines è il suo primo libro, insignito dell’American Association for Italian Studies
Book Prize e del Premio Anci-Storia della Sissco. Le linee di faglia che danno il titolo al
volume sono quelle che corrono sotto la superficie della penisola italiana e scatenano i
fenomeni sismici che periodicamente la scuotono. Parrinello si concentra su due eventi
tellurici tra i più rilevanti del ’900, entrambi avvenuti nella sua regione d’origine, la Sicilia:
il terremoto/tsunami che distrusse Messina e l’area dello Stretto nel 1908 e il sisma che
devastò la valle del Belice nel 1968. Basandosi sugli approcci e le suggestioni di un’ampia
letteratura storico-ambientale di matrice europea e americana, l’a. propone non un’analisi
limitata agli eventi sismici e alle loro conseguenze ma piuttosto una riflessione che, allargando
il campo di osservazione e dilatando l’arco cronologico di riferimento, indaga sul
rapporto tra i terremoti e i processi di urbanizzazione dell’età contemporanea.
Al terremoto di Messina sono dedicati i primi tre capitoli, nei quali vengono illustrati
i progetti di risanamento e modernizzazione urbana elaborati tra ’800 e ’900, le cui
principali indicazioni furono riprese e sviluppate quando la città venne integralmente
ricostruita dopo il 1908 sulla base di una nuova normativa urbanistico-edilizia, con l’adozione
del cemento armato in funzione antisismica e la creazione di un ambiente urbano
rispondente ai dettami dell’igienismo e dell’urbanistica moderna.
I successivi tre capitoli trattano del terremoto del Belice mettendo a fuoco tanto i
piani di modernizzazione agraria degli anni del fascismo e del dopoguerra quanto le scelte
di una ricostruzione calata dall’alto e orientata allo sviluppo che spostò interi centri abitati
nell’intento di dar vita a una città-territorio, innescando processi di urbanizzazione della
campagna, infrastrutturazione e trasformazione agricola ma mancando l’obiettivo primario
dell’industrializzazione. In entrambi i casi, si mostra come il terremoto abbia agevolato
la realizzazione di interventi di riforma attesi da tempo ma anche come la ricostruzione
abbia prodotto esiti non sempre corrispondenti alle aspettative e per alcuni aspetti perfino
paradossali.
Affermando, sulla scia degli studi di Timothy Mitchell sulla zanzara in Egitto, che «i
terremoti possono parlare» (p. 13), l’a. richiama in modo persuasivo l’attenzione sul ruolo
cruciale che hanno i fattori non umani (quali appunto i fenomeni sismici) nel condizionare
e indirizzare i processi storici – in questo caso le trasformazioni territoriali e sociali
dell’Italia contemporanea – intrecciandosi e interagendo con la agency umana. L’ampiezza
dei riferimenti storiografici, la molteplicità delle fonti, la finezza analitica, la ricchezza
di spunti e la fluidità dell’esposizione rendono il libro una lettura stimolante e di sicuro
interesse per chiunque si occupi di storia della città, dell’ambiente e del territorio

 Bruno Bonomo