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Federica Saini Fasanotti – La gioia violata. Crimini contro gli italiani – 2006

Federica Saini Fasanotti
Prefazione di Sandro Fontana, Milano, Ares, 302 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il volume, prefato da Sandro Fontana, storico e politico, è frutto della collaborazione instaurata dall’autrice, allieva di Giorgio Rumi e dottore di ricerca, con l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato maggiore dell’Esercito (AUSSME), da cui proviene gran parte della documentazione utilizzata. Introduzione e conclusione a parte, il testo è suddiviso in sette capitoli, di lunghezza assai diseguale, quattro articolati in paragrafi. I temi toccati: Diritto umanitario & Crimine di guerra; Violazioni del diritto umanitario ai danni dell’Italia; La raccolta di testimonianze da parte italiana; Crimini del governo della Francia Libera; La questione «Iugoslavia »; Illegalità statunitensi & inglesi; La controffensiva greca; Il Corpo d’armata polacco. Il tema appare di sicuro interesse, sia perché ? come l’autrice più volte ricorda (ad es. a p. 168) ? l’attenzione degli studiosi si è focalizzata e sui crimini commessi all’estero dalle regie forze armate fino all’8 settembre 1943, e su quelli perpetrati nella penisola dalla Wehrmacht e dall’apparato SS, sia perché l’indagine poteva contribuire a rispondere ad una questione cruciale: posto che gli eserciti rappresentano una concentrazione di forza armata, e che perciò è lecito aspettarsi che da essi, in circostanze belliche, prorompano quasi fisiologicamente fiotti di violenza fino al crimine, ogni fatto del genere è così spiegabile, oppure occorre andare oltre e verificare l’esistenza di quidditates che abbiano reso questo o quell’esercito (o una sua parte) una macchina singolarmente adatta all’eccidio? Spiace che da questo punto di vista il volume si riveli un fallimento, incorrendo in una serie di errori metodologici e contenutistici che vanno dalla carente delimitazione del tema (come si fa ad includere nei «crimini di guerra» anche gli incidenti automobilistici causati da soldati alleati ubriachi [p. 222]?); allo schiacciamento quasi totale sui documenti (quelli raccolti dall’AUSSME, la cui origine l’autrice stessa precisa va ricercata nel tentativo di «rendere meno dure, in sede di negoziato, le condizioni del trattato di pace» (p. 86); all’adozione di stereotipi tanto diffusi quanto storiograficamente privi di senso quale l’attribuzione (in numerosi luoghi, da p. 10 a p. 279) ai «tedeschi» di una propensione quasi innata a macchiarsi di «atti di barbarie» e «crimini contro l’umanità», mentre al contrario in Jugoslavia ed in Grecia, «i mezzi brutali di repressione […] furono adottati dagli italiani in genere come risposta ad atti di ferocia perpetrati dal nemico nei confronti di prigionieri » (!!! pp. 169 e 249); all’abituale rinvio a riferimenti bibliografici assai numerosi ma privi di rimandi puntuali ed eterogenei: accanto ad opere di valore troviamo dubbi scritti divulgativi nonché pubblicazioni della destra radicale. Per non parlare poi di usi linguistici inaccettabili: «cittadini italiani di razza ebraica» (p. 45), «i nazisti […] organizzarono […] l’eliminazione di individui in base alla loro razza» (p. 75), senza che «razza» stia tra le opportune virgolette; «elementi nazionali» (p. 74) per indicare i fascisti repubblicani, ecc. ecc. ecc.

Brunello Mantelli