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Floriana Colao – Avvocati del Risorgimento nella Toscana della Restaurazione – 2006

Floriana Colao
Bologna, il Mulino, 410 pp., euro 33,00

Anno di pubblicazione: 2006

Dopo essersi occupata di progetti di codificazione civile nella Toscana della Restaurazione e di formazione giuridica in età liberale, l’autrice, che insegna Storia del diritto all’Università di Siena, ci propone ? nella «Collana di storia dell’avvocatura in Italia» ? un florilegio di scritti professionali e non, provenienti dal composito universo forense toscano nell’arco di sessant’anni: dagli interventi sull’«Antologia» e poi sulla «Temi», alle cause celebri del post ’48, agli interventi di Carrara sulla legge professionale del ’74. La periodizzazione riflette la scelta tematica: indagare il ruolo civile/politico del «corpo eloquente» dall’attivismo risorgimentale alla delusione per le incompiutezze dello Stato di diritto liberale. La messe di scritti ed autori citati e la molteplicità dei temi sono tali da disorientare, talvolta, il lettore: è il limite di un’operazione di per sé meritoria, dal momento che l’autorappresentazione degli avvocati, già ripercorsa per l’età liberale (Beneduce, Tacchi), è stata meno indagata per l’età preunitaria. Sul tema la scrittura forense, vera protagonista del volume, è una fonte preziosa. Il rapporto con la parola scritta e quello con la professione sono infatti speculari, nell’età aperta dalla foscoliana rivendicazione dell’«ufficio civile» della letteratura: e così c’è chi (come il collaboratore dell’«Antologia» Francesco Forti, figura controversa di «avvocato liberale») comincia a scindere la scrittura professionale, venale e interessata, da quella giornalistica, «utile al pubblico », e perciò gratuita. La controversia si ripropone nella diversa nozione della «pubblica opinione » con cui si confronta l’attività intellettuale dell’avvocato: se la si intende composta dai «giureconsulti di Stato» consulenti del sovrano (ancora Forti, p. 146), la drammatizzazione del dibattimento, che pubblicizza una materia tecnica come il penale, produrrebbe (è il parere di Carmignani) la decadenza morale della professione; posizioni opposte a queste insistono invece sul valore del dibattimento pubblico come freno all’arbitrio giudiziario e luogo di confronto con la «pubblica generale ragionata, e perciò prepotente opinione» (Valeri, p. 120). Visioni contrastanti dividono il «garantismo» (p. 11) toscano anche in materia di riforma del processo penale, topos frequentatissimo cui l’autrice dedica ampio spazio, poiché mette in risalto il contrasto tra una concezione tutta tecnica ed una politico-costituzionale del diritto. L’interesse per l’intreccio tra giustizia e politica viene infine confermato dall’incursione, a chiusura del volume, nelle cause celebri, oggetto di un risveglio di interesse per il genere giudiziario, favorito anche dalla relativa facilità di circolazione di una materia parzialmente sottratta alla censura preventiva. Molti gli spunti che il volume offre all’indagine sulla cultura e sull’attività intellettuale forense, in vista di una più compiuta definizione degli «avvocati del Risorgimento», categoria storiografica ancora controversa.

Carolina Castellano