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Francesca Alberico – Le origini e lo sviluppo del fascismo a Genova. La violenza politica dal dopoguerra alla costituzione del regime – 2009

Francesca Alberico
Milano, Unicopli, 295 pp., euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2009

Sviluppo di una tesi di dottorato, il volume di Francesca Alberico va a integrare una ricca bibliografia sulle origini del fascismo, prendendo in considerazione un rilevante e alquanto trascurato caso locale, quello genovese. Il volume è composto da quattro corposi capitoli – La nebulosa del 1919; L’epoca dello squadrismo; La vittoria esterna e le crisi interne; Affermazione e sconfitta della corrente intransigente – che esaminano non solo il classico periodo delle origini del fascismo nel dopoguerra (1919-1922), ma tracciano una vicenda che va dall’interventismo fino al 1928, all’indomani della stabilizzazione del regime, quando è possibile delineare le forme della sconfitta della corrente dissidente a Genova.In questo modo, pur facendo tesoro di una storiografia recente sulle origini del fascismo, Alberico segue un percorso in parte diverso, che la porta a privilegiare, sulla cronologia politica, alcuni itinerari biografici, senza per questo fare un libro a medaglioni. Il volume permette quindi di esaminare delle continuità di forme e di protagonisti della violenza politica dall’interventismo al fiumanesimo, passando per lo squadrismo e la Mvsn. È un approccio interessante, che avrebbe potuto essere ancora maggiormente enfatizzato e sviluppato, soprattutto per il periodo successivo a quello trattato (rimane la curiosità infatti – ed è forse qualcosa di più di una curiosità – di conoscere in maniera più approfondita gli esiti di questi itinerari negli anni ’30 e ’40).Il caso di Genova permette ancora una volta di osservare la rilevanza delle pratiche e dei linguaggi della violenza nella costruzione e nella definizione del fascismo delle origini e non solo, anche se questo aspetto avrebbe potuto essere maggiormente approfondito, in un territorio in cui la resistenza al fascismo è forte, ma ci permette anche di vedere la porosità di posizioni tra fascisti e gruppi non fascisti nella fase delle origini.Tra gli aspetti più interessanti del libro – e non sarebbe stato male tematizzarlo meglio anche in rapporto alla letteratura esistente – è però il tema della persistenza dell’uso della violenza all’indomani della marcia su Roma e anche del 3 gennaio 1925. Un tema che si incrocia, ma non è immediatamente sovrapponibile, a quello del dissidentismo fascista, e che è stato per lo più affrontato dalla storiografia, o legandolo all’apparente rifiuto dell’uso della violenza da parte di Mussolini e delle gerarchie centrali del Pnf dopo l’istituzionalizzazione del fascismo, oppure allo sviluppo locale e alle lotte di potere nelle sedi periferiche. Nel volume di Alberico tutto questo è presente, ma più forte del solito appare l’attenzione alla violenza non solo rivolta verso l’interno – e quindi usata come strumento della lotta di potere nel fascismo – ma anche all’esterno. In questo senso, il volume è un segno in più che sarebbe forse giunto il momento – anche in considerazione del ripensamento del tema della violenza svolto negli ultimi anni – di riprendere in mano questo tema con una ricerca nazionale per capire il fascismo, il suo rapporto costitutivo con la violenza e il suo radicamento in modo particolare negli anni ’20.

Giulia Albanese