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Francesco Atzeni – Elezioni e classe politica in Sardegna, tra età giolittiana e primo dopoguerra – 2002

Francesco Atzeni
AM&D Edizioni, Cagliari, pp. 155, euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2002

Incentrato sulle competizioni politiche tenutesi in Sardegna nel periodo che va dall’età giolittiana al primo dopoguerra, questo lavoro di Atzeni colma una lacuna negli studi storico-politici dedicati alla dinamica elettorale dell’isola. Le elezioni politiche dei primi due decenni del Novecento furono contrassegnate in Sardegna dalla sostanziale tenuta della classe dirigente liberale e democratica anche dopo l’adozione, nel 1919, del sistema proporzionale. Non casualmente anche le testate più diffuse sul territorio, ?La Nuova Sardegna? e ?L’Unione Sarda? ignorarono completamente il dibattito relativo all’adozione di un nuovo sistema elettorale, confidando sul fatto che niente sarebbe realmente cambiato nella rappresentanza parlamentare espressa dalla regione. Di conseguenza, uomini provenienti dall’area liberale come Francesco Pais Serra, si trovarono ad approvare la legge elettorale accanto al cattolico Edmondo Sanjust, al socialista Giuseppe Cavallera o al riformista Felice Porcella. Soltanto il decano della Camera, Francesco Cocco Ortu (eletto deputato dal 1876 al 1924) alla luce del sua straordinaria esperienza parlamentare intuì le incognite contenute nel nuovo meccanismo di traduzione di voti in seggi. Secondo il vecchio esponente del gruppo zanardelliano, l’ulteriore rafforzamento dei socialisti e dei cattolici, nonché il prevedibile sviluppo del movimento dei combattenti, avrebbe impresso una trasformazione troppo profonda al fragile sistema politico italiano uscito dalla prima guerra mondiale. Invece in Sardegna la tornata elettorale del 1919 confermò quasi integralmente la deputazione eletta nelle consultazioni del 1913. Probabilmente, in questa circostanza, concorse l’artificiosa divisione dell’isola in due distinte circoscrizioni Cagliari (sette seggi) e Sassari (cinque seggi), che senz’altro permise ai candidati di replicare nella campagna elettorale quei riti e quelle modalità tipiche di una competizione a collegio uninominale che avrebbero favorito ?gli interessi particolari locali? (p. 38). Non solo. Come sottolinea Atzeni, in Sardegna si verificarono persino alcune curiose liaisons fra acerrimi avversari, che pur di garantirsi la rielezione costituirono una lista su cui far convergere i consensi dei loro rispettivi clientes ed elettori. Certo, non deve essere sottovalutato il fatto che in Sardegna il movimento socialista e anche quello cattolico non erano riusciti a radicare come nel continente la loro rete organizzativa e questo giustifica parzialmente la permanenza di quei fattori ?uninominalistici? in una competizione in cui si adottava un sistema proporzionale. Per queste ragioni le peculiarità presenti nella realtà politica isolana espressero un risultato assolutamente in controtendenza rispetto al dato nazionale. Le liste liberali e radicali uscirono rafforzate da questa competizione, mentre i socialisti persero l’unico deputato eletto nel 1913. Di fatto, in Sardegna si imposero ancora chiaramente i personalismi, come dimostrò il chiaro successo di Cocco Ortu, mentre i partiti di massa subirono una evidente sconfitta non acquisendo neppure un parlamentare.

Marco Pignotti