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Francesco Cassata – Le due scienze. Il «caso Lysenko» in Italia – 2008

Francesco Cassata
Torino, Bollati Boringhieri, 291 pp., euro 28,00

Anno di pubblicazione: 2008

I trionfi e la caduta dell’agronomo ucraino Trofim Lysenko hanno costituito nella storiografia degli anni ’60 e ’70 l’esempio più clamoroso dell’offensiva del potere totalitario contro la libertà della scienza. Lysenko negava l’esistenza del gene e delle mutazioni casuali e credeva che si potesse influenzare la struttura ereditaria degli organismi attraverso modificazioni dell’ambiente, in una forma quasi caricaturale del lamarckismo. Quando l’Accademia sovietica di scienze agrarie trasformò le sue idee in dottrina ufficiale nel 1948, la guerra fredda si estese alla scienza, contrapponendo a quella «borghese» la scienza «sovietica» di Lysenko, impegnata in una prometeica opera di potenziamento dell’agricoltura, tesa ai bisogni della società e fedele al materialismo dialettico. La consacrazione del lysenkoismo fu una vera tragedia per la scienza, la coscienza, la stessa vita dei biologi sovietici. Per i partiti comunisti dell’Occidente essa segnò invece l’inizio di una stagione di drammatiche lacerazioni. Cassata, dopo aver ricostruito l’ascesa di Lysenko in Urss, definisce bene specificità e tortuosi percorsi del lysenkoismo in Italia, spiegandone l’accoglienza tra intellettuali e istituzioni culturali facenti capo al Pci, e documentando il violento attacco ideologico contro la genetica mendeliana che si sviluppò nel nostro paese. Caso esemplare dei rapporti tra scienza, politica e cultura nel Pci, emerge una specifica «via italiana» al lysenkoismo: pur fra aspre polemiche e censure, il Partito non si impegnò in uno scontro frontale con la biologia «borghese», mentre i biologi aderenti al Pci, nonostante perplessità e dissensi, fecero prevalere «la carità di partito». Tra gli agronomi si nota una continuità tra gli entusiasmi fascisti per l’autarchica «battaglia del grano» e quelli per le teorie dell’agronomo I.V. Michurin, in nome di un neolamarckismo di fondo e di una tendenza a privilegiare le dimensioni applicative della sperimentazione agraria. I genetisti e gli agronomi italiani non comunisti denunciarono invece l’attacco staliniano all’autonomia della scienza e risposero sul piano scientifico, confutando le teorie di Lysenko e Michurin al IX Congresso internazionale di genetica (Bellagio, 1953). Cassata descrive poi il declino dell’egemonia lysenkoista. Nel 1957, una dura polemica su «Rinascita» fra il biologo Massimo Aloisi e Palmiro Togliatti pose fine al lysenkoismo italiano. L’ultima sezione del libro è dedicata ai dibattiti storiografici e politici sul tema nel successivo ventennio. Frutto del ricco programma di ricerca sugli intrecci fra politica, ideologie e scienza sviluppato da Cassata, studioso «precario» dell’Università di Torino, Le due scienze è un’opera rigorosa e ricchissima di dati nuovi, collegamenti, riflessioni illuminanti e mai ovvie. Leggendo libri con questo si capisce quanta intelligenza sprechi o sottoimpieghi l’università italiana. Scritto come un thriller politico-scientifico, il libro è un invito a fecondi approfondimenti su temi-chiave: scienza e società, ricerca curiosity-driven e ricadute applicative, condizionamenti del sistema economico-politico e libertà di ricerca.

Aldo Fasolo