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Francesco Guida – Romania – 2005

Francesco Guida
Milano, Unicopli, pp. 350, euro 17,00

Anno di pubblicazione: 2005

Portando a compimento un ampio percorso di ricerca, l’autore offre, in un volume inserito in un’ambiziosa collana di manuali universitari dedicati alla storia dei paesi dell’Europa, una sintesi puntuale ed esauriente delle vicende storiche della Romania contemporanea. Gli otto capitoli coprono un arco cronologico compreso tra la formazione del Regno di Valacchia e Moldavia (la cosiddetta ?piccola Unione? del 1859) e il primo quindicennio postcomunista e l’impianto narrativo, pur conservando il consolidato approccio politico-diplomatico caro alla storiografia romena, concede opportuni spazi alla riflessione critica. Segnalo in particolare le ottime pagine dedicate al ruolo degli intellettuali nella vicenda dell’originale movimento fascista romeno, la Guardia di Ferro (pp. 89-97). I capitoli II e III, dedicati alla ?Grande Romania? uscita dal trattato di Versailles del 1919, si segnalano inoltre per la completezza del quadro offerto e la finezza interpretativa; senza limitarsi a ripercorrere le travagliate vicende di un agone politico fratturato (liberali / nazional-contadini / movimenti di estrema destra / partiti non romeni), Guida analizza la trama sociale ed etno-culturale dello Stato interbellico, le sfide della modernizzazione, i conflitti nazionali e il fenomeno dell’antisemitismo. Precisa ed efficace anche la trattazione dello smembramento del paese nell’estate 1940, dell’insurrezione legionaria del gennaio 1941 e della successiva dittatura militare guidata dal maresciallo Ion Antonescu (cap. V). L’unico rilievo da muovere a riguardo potrebbe riguardare lo spazio estremamente ridotto attribuito dall’autore all’esecuzione dell’Olocausto in Romania nel 1941-42 sotto forma di massacri organizzati dalle autorità e di deportazione della popolazione ebraica in Transnistria (p. 173). Sulla scorta della ricerca di Radu Ioanid e, successivamente, della Commissione per lo studio dell’Olocausto romeno istituita dal governo di Bucarest, anche la cifra fornita di 125.000 vittime (un quinto della popolazione ebraica della ?Grande Romania?) appare fortemente sottostimata.
La seconda parte del volume (capp. VI-VII) è dedicata al periodo comunista e nonostante un’apprezzabile ricezione della nuova storiografia romena (nella menzione delle tensioni etniche in Transilvania e delle persecuzioni antireligiose degli anni ’50), sconta inevitabilmente la fragilità interpretativa che caratterizza la ricerca storiografica sul comunismo romeno. Essa rimane infatti ? a distanza di oltre 15 anni dalla caduta del regime ? un fenomeno in progress, come dimostrano i tentativi lodevoli ma perfettibili (cfr. il recente lavoro di Vladimir Tism?neanu sullo Stalinismo per tutte le stagioni) di pervenire a una sintesi matura che rielabori concettualmente la mole di informazioni che affluiscono tuttora dagli archivi. L’appendice del volume si avvale infine di un’ottima bibliografia (pp. 319-342), che consigliamo vivamente a studenti e specialisti dell’Europa orientale, fruitori entrambi di una sintesi che raggiunge complessivamente l’obiettivo di porsi come testo di riferimento accademico.

Stefano Bottoni