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Francesco Leoncini – L’Europa centrale: conflittualità e progetto. Passato e presente tra Praga, Budapest e Varsavia – 2003

Francesco Leoncini
Venezia, Casfoscarina, pp. 332, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2003

La storia dell’Europa centro-orientale come disciplina universitaria risale agli anni ’70 del Novecento; tuttavia era stata trattata ? come è ovvio ? già precedentemente da studiosi che non si dedicavano esclusivamente a essa. Negli ultimi trenta anni sono state svolte ricerche sui più vari argomenti e sui diversi paesi che rientrano nell’area. Tuttavia vi è ancora molto da fare: è significativo che non esista uno specifico dottorato. Una ?sottoarea? che è poco frequentata dagli studiosi coincide con parte dell’Europa centrale. Ben pochi si sono cimentati in particolare con le vicende storiche dei popoli ceco e slovacco. Tra questi spicca per tradizionale affezione e per conoscenza della storiografia locale Francesco Leoncini, a partire da una sua monografia sulla questione dei Sudeti apparsa per la prima volta negli anni ’70. In questo volume l’autore ha voluto raccogliere propri saggi apparsi in un vasto arco di tempo (12 dal 1973 al 1988 e 12 dal 1989 al 2002, ai quali vanno aggiunti una bibliografia, due documenti e due interviste all’autore). Essi, apparsi nelle più varie sedi, non sono sempre facilmente rintracciabili e, dunque, ora sono disponibili con maggiore comodità per il lettore e soprattutto per lo studioso. L’oggetto storico trattato è vario: oltre a un paio di incursioni nella storia moderna, ad altre nell’attualità e a un trittico dedicato a Masarýk, due sono i poli di maggiore interesse, l’epoca tra le due guerre mondiali e l’epoca comunista. Se la Cecoslovacchia domina il libro, non mancano pagine dedicate all’Ungheria e alla Polonia, in ambedue i casi per ciò che concerne il 1956. Nonostante i saggi non siano tra loro molto omogenei anche per caratteristiche ?tecniche? (si va dal saggio di ricerca alla riflessione critica allo scritto di occasione), vi sono alcune idee forti e ricorrenti che ne legano molti tra di loro, pure con qualche inevitabile ripetizione, avendo l’autore mantenuto le stesure originali con un’unica eccezione. Una di queste idee riguarda la convinzione che l’ordine costituitosi in seguito ai trattati successivi alla Prima Guerra mondiale potesse essere mantenuto e non avesse in sé i germi del suo fallimento, che sarebbe stato frutto solo di fattori esterni o successivi. È una visione ?ottimistica? e controcorrente, che si scontra con un’opinione diffusa nella storiografia da tempo attenta a mettere in rilievo i molti difetti di quell’ordine, spregiativamente definito di Versailles. Di conseguenza per Leoncini la Cecoslovacchia non fu un prodotto di laboratorio, come da più parti è stato affermato, soprattutto tra i cultori della storia delle relazioni internazionali, e gli eventi del 1938-39 non furono meccanica conseguenza delle decisioni del 1919. L’autore non nega tuttavia la debolezza strutturale dello Stato nato sulle ceneri dell’Impero austro-ungarico, rifacendosi al filosofo Jan Pato?ka, per affermare che esso si era costituito sulla traccia (limitata e limitante) della difesa della propria identità etnica e linguistica.

Francesco Guida