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Francesco Mineccia – Campagne toscane in età moderna. Agricoltura e società rurale (secoli XVI-XIX) – 2002

Francesco Mineccia
Galatina (Le), Congedo Editore, pp. 312, euro 23,00

Anno di pubblicazione: 2002

Con lievi modifiche e qualche aggiornamento bibliografico Francesco Mineccia ripresenta in questo volume alcuni articoli pubblicati precedentemente. Per quanto scritti per occasioni differenti e in tempi diversi (dal 1980 al 2000) essi, in virtù di una comune ispirazione e di una sostanziale continuità tematica e metodologica, danno vita a un libro diseguale ma dal forte carattere unitario. E ciò vale specialmente per la prima parte del volume dedicata alle grandi proprietà pubbliche nella Toscana occidentale nei secoli XVI-XIX, e in particolare alla formazione del patrimonio fondiario mediceo in area pisana. Di esso l’autore ricostruisce il lungo processo di sviluppo e di consolidamento, ma anche di cristallizzazione nel tempo, fino alla scossa provocata, dalle riforme leopoldine e dal processo di alienazione dei grandi patrimoni pubblici.
Ed è questo il tema su cui si sofferma più a lungo Mineccia, svolgendo un’indagine di prima mano sulle allivellazioni dei beni della corona nel Valdarno pisano-livornese, che conferma le ipotesi da tempo avanzate dalla storiografia sui risultati ottenuti dal processo di alienazione delle terre di manomorta in epoca leopoldina. Una vera ?rivoluzione fondiaria?, che vive il suo ultimo atto nella vendita dei beni nazionali ad opera dei Francesi, ricostruita in questo volume nel dettaglio per i Dipartimenti dell’Ombrone e del Mediterraneo negli anni 1810-13. Molte indicazioni fornisce l’indagine di Mineccia su questo tema; non trova comunque piena dimostrazione l’ipotesi secondo la quale l’operazione voluta dai francesi favorì in particolare il nascere e il rafforzarsi di una possidenza ?borghese?. Una tesi che vale probabilmente per il Dipartimento del Mediterraneo, ma non per quello dell’Ombrone, in relazione al quale Mineccia, sulla base di fonti incomplete, finisce col sottovalutare di molto il ruolo dell’aristocrazia senese: i fratelli Malavolti Ugurgeri, ad esempio, e con loro i rappresentanti delle famiglie Nerucci, Del Taja, Borghesi, Sansedoni, Contucci e molte altre risultano sorprendentemente collocati tra gli acquirenti non nobili.
La seconda parte del libro appare più composita ma non priva di risultati interessanti, quali il rilancio di una fonte poco utilizzata come i rapporti sull’agricoltura italiana di Frédéric Lullin de Chateauvieux del 1812-13, e il quadro settecentesco, ricco e mobile, delle campagne e del centro abitato di Castelfiorentino col suo ?sistema? sociale e politico e la sua identità castellana.

Carlo Pazzagli