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Franco Bonelli e Maria Rosaria Stabili (a cura di) – Minoranze e culture imprenditoriali. Cile e Italia (secoli XIX-XX) – 2000

Franco Bonelli e Maria Rosaria Stabili (a cura di)
Carocci, Roma

Anno di pubblicazione: 2000

Il volume raccoglie gli interventi tenuti nel corso del seminario organizzato dal Dipartimento di Studi Storici Geografici Antropologici dell’Università di Roma Tre e dall’Instituto de Historia de la Pontificia Universidad Católica de Chile di Santiago nel maggio del 1998. Ultimo di un ciclo di incontri sulla storia e il ruolo delle élite politiche, sociali ed economiche in Italia e in Cile (dei precedenti colloqui viene dato conto nell’Introduzione dei curatori) il seminario di cui si pubblicano gli atti si è concentrato sul ruolo svolto dalle élite economiche nel processo di industrializzazione dei due paesi – entrambi late comers – e in particolare, soprattutto sulla scorta dell’esperienza cilena, sul contributo dato dagli imprenditori appartenenti a minoranze etniche. L’interrogativo cui tutti i saggi cercano di dare risposta riguarda, come scrivono i curatori nell’Introduzione, “il contributo che viene dato dalle minoranze alla configurazione del modello di sviluppo industriale di un paese” (p. 18). Il volume affronta un nodo e una tematica scarsamente studiati dalla storiografia italiana, se non negli anni più recenti, e dialoga con una letteratura interdisciplinare ormai abbastanza ampia, e di cui tra l’altro dà conto con grande accuratezza Roberta Garruccio in uno dei saggi del volume.
Il libro presenta sette contributi: alcuni con un carattere di rassegna e discussione metodologica, altri che invece affrontano uno specifico case-study. Al primo gruppo appartengono il già citato intervento di Garruccio, che propone una lettura e un utilizzo in sede storiografica di categorie concettuali e interpretative elaborate da una vasta letteratura sociologica, antropologica ed economica che si è occupata di minoranze, di identità, di capitale etnico, di culture imprenditoriali, e quello di Germano Maifreda, che rilegge alcuni testi ormai classici della letteratura novecentesca sul comportamento economico della minoranza ebraica (Sombart, Kuznets, W. Mosse). Nel secondo gruppo troviamo invece un intervento sull’Italia – quello di Cinzia Martignone sul comportamento economico della minoranza evangelica a Bergamo nel corso del XIX secolo – e quattro saggi che illustrano il caso cileno: quello di Ricardo Nazer sulla multietnica élite imprenditoriale mineraria tra il 1830 e il 1880; quello di Patricio Bernedo sull’appartata – e resistente a qualsiasi integrazione – élite industriale tedesca insediata nella regione di Valdivia tra il 1850 e il 1914; quello di Antonia Rebolledo sul successo economico e il difficile rapporto con il contesto locale della minoranza araba e infine quello di Adolfo Ibañez Santa María sull’élite tecnocratica cilena tra il 1924 e il 1950. Le minoranze di cui si parla in questo volume sono etniche (arabi, tedeschi, svizzeri ecc.) e religiose (protestanti, ebrei, musulmani ecc.), ma anche, come nel saggio di Ibañez, “minoranze del sapere” che costituiscono un corpo coeso e separato all’interno di un corpo già di per sé minoranza come quello dei professionisti.
I saggi, interessanti e ricchi di spunti e suggestioni, mettono a confronto due storiografie ma mi sembra che manchino l’obiettivo della comparazione tra i due diversi modelli di sviluppo.

Daniela Luigia Caglioti