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Fulvio De Giorgi – Millenarismo educatore. Mito gioachimita e pedagogia civile in Italia dal Risorgimento al fascismo – 2010

Fulvio De Giorgi
Roma, Viella, 539 pp. € 33,00

Anno di pubblicazione: 2010

Quella intrapresa da De Giorgi è una sfida interessante: occuparsi di un fenomeno complesso a metà tra il sentimento religioso e la passione politica. In effetti, nel caso del millenarismo non si tratta di una ristretta esperienza educativa ma di una vera e propria propaganda militante tesa a compiere una missione. Quasi una «religione politica» alle origini prima del Risorgimento e poi forse anche del fascismo.Gioacchino da Fiore fu teologo e scrittore di origini calabresi, vissuto nel 1100 e fondatore dell’ordine Florense. Nella sua predicazione predominava una profezia con al centro l’Evangelo Eterno e l’attesa per una terza età quella dello Spirito, dopo l’Età del Padre (Antico Testamento) e l’età del Figlio (Nuovo Testamento). Attraverso Dante, cantore di Gioacchino, il mito gioachimita si riverberò anche sul Risorgimento che dal sommo poeta prendeva molta ispirazione. A ben vedere lo stesso Risorgimento è stato una forma di millenarismo politico come un’espressione concreta di religione politica avendo lo scopo di farsi millenarismo educatore. In sostanza una storia di pedagogia civile come pensiero e azione che è stata così importante nel nostro processo di unificazione nazionale.Il volume si dipana attraverso un percorso di grande spessore culturale che parte nel secolo XIX dall’importanza della cultura storica nel processo di educazione nazionale alle origini del Risorgimento. Per passare poi al ruolo di Dante come riformatore religioso e alla sua attualizzazione ottocentesca in Foscolo e Mazzini. Giuseppe Mazzini, apostolo della terza Roma, occupa un posto fondamentale nell’analisi di De Giorgi, infatti, la sua pedagogia civile costituisce uno degli esempi più calzanti di millenarismo educatore. Seguono poi alcuni esempi concreti di millenarismo in Toscana, attraverso le esperienze di Lazzaretti e Barzellotti. Il pesarese Mamiani, al contrario, può essere inserito nel novero degli anti-millenaristi.Il millenarismo politico e educatore raggiunse insieme l’apice e la crisi con il raggiungimento degli obiettivi dell’Italia unita e dunque il compimento della profezia, fra cui il conseguimento di Roma capitale, uno dei miti fondanti delle lotte risorgimentali. L’inizio del ‘900 poneva del resto nuove pulsioni e orizzonti. Uno di questi era il collegamento con il modernismo e con le attese di rinnovamento della Chiesa. Probabilmente l’ultimo esito del millenarismo fu l’approdo nel fascismo, che nasceva come negazione del liberalismo e della sua razionalità civile agli antipodi del millenarismo. Gentile riprese e riconsiderò Mazzini, dove si ritrovava – a suo dire – il «vangelo fascista», poi Buonaiuti studioso di Gioacchino da Fiore e infine Rebora mazziniano, gioachimita e rosminiano. Il punto finale del millenarismo fu dato dalla Resistenza che se pure fu vissuta come un «secondo Risorgimento», se ne distaccò decisamente nella retorica palingenetica.Nel complesso un volume di grande originalità e spessore culturale che, intrecciando diversi approcci interpretativi, tra la storia culturale e la storia dell’educazione, quella politica e quella religiosa, affronta e approfondisce un tema certamente poco trattato dalla nostra storiografia.

Cecilia Dau Novelli