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Fulvio De Giorgi – Rosmini e il suo tempo. L’educazione dell’uomo moderno tra riforma della filosofia e rinnovamento della Chiesa (1797-1833) – 2003

Fulvio De Giorgi
Brescia, Morcelliana, pp. 568, euro 35,00

Anno di pubblicazione: 2003

Durante il secolo scorso, lo studio della biografia e del pensiero filosofico e religioso di Antonio Rosmini è stato svolto in ambiti diversi, spesso poco comunicanti: quello dei suoi stretti seguaci (a lungo guardati con diffidenza dalla gerarchia ecclesiastica dopo la condanna del 1887); la tradizione variamente (anche polemicamente) legata alla lettura che della cultura italiana dell’ ?800 propose Giovanni Gentile, linea che passa per Gioele Solari, Luigi Bulferetti, Bonaventura Donati, Giuseppe Capograssi, fino a Pietro Piovani; infine un ?ritorno? di studiosi cattolici, negli anni del Vaticano II e in quelli successivi, quando l’opera del Roveretano parve, in qualche modo, aver precorso i tempi nuovi. De Giorgi raccoglie i frutti migliori di queste distinte tradizioni e ripropone la figura di Rosmini non solo agli studiosi della cultura e della religiosità cattolica, ma a quelli tout court dell’Ottocento italiano: il suo pensiero ? afferma giustamente ? ha una dimensione europea (p. 373), la sua vita, dagli anni napoleonici fino al Piemonte cavouriano, si svolge a contatto con uomini e problemi fra i più rilevanti di quei decenni. Il libro, in vista del quale l’autore si era preparato con numerosi studi e scritti preparatori, ha un impianto molto solido, domina e raccoglie una vasta bibliografia e una gran messe di materiale documentario, anche inedito. Numerosi sono gli excursus, quasi saggi a sé stanti (come quelli, eccellenti, sullo ?zelantismo? riformatore romano degli anni Venti, sulla personalità del cardinal Morozzo o sullo sfondo storico immediato della Cinque piaghe), o i profili anche di personaggi minori, come Maurizio Moschini, che contribuiscono a delineare lo sfondo dell’azione di Rosmini. Uno degli intendimenti principali di De Giorgi mi sembra sia quello di ridimensionare i rapporti fra la cultura cattolica della Restaurazione e Rosmini e sottolineare quasi una sua diversità originaria, dovuta ai legami con la tradizione della Aufklärung cattolica, con quella muratoriana della ?regolata devozione? e con il vario ?Settecento riformatore? presente nella cultura roveretana. Vengono così minimizzati i suoi contatti, pur significativi, con ambienti come quelli delle Amicizie cattoliche del marchese d’Azeglio o delle modenesi «Memorie di religione» del Baraldi (non viene mai citato il vol. di B. Donati, Rosmini e Gioia, Firenze 1949, che li documenta ampiamente), i consensi di Rosmini per il pensiero di La Mennais o di Haller. Non si ricava, cioè, il senso di uno svolgimento in cui il Rosmini del Nuovo saggio e della Cinque piaghe superi alcune delle sue precedenti posizioni, piuttosto quello di una serie di acquisizioni successive in una linea di sostanziale continuità. Ma in quella, per molti aspetti ricchissima, cultura non erano presenti germi (si pensi al tema della ?libertà della Chiesa?) che mostrarono possibilità di sviluppo in direzioni assai diverse? in senso teocratico, ma anche liberale e democratico?

Roberto Pertici