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Gabriele Ranzato – Il passato di bronzo. L’eredità della guerra civile nella Spagna democratica – 2006

Gabriele Ranzato
Roma-Bari, Laterza, 153 pp., euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2006

Dopo l’importante L’eclissi della democrazia, Ranzato propone un testo più agile che riprende alcuni temi dell’ampio lavoro del 2004. I primi due capitoli del nuovo libro, presentato comunque come non sistematico né esaustivo (p. 145), criticano l’immagine di una transizione postfranchista «armoniosa e consensuale» (p. 37), che secondo alcuni polemisti viene celebrata come una Inmaculada Transición. È il volume di Víctor Pérez Díaz, La lezione spagnola (Bologna, il Mulino, 2003) con l’introduzione di Michele Salvati a costituire il bersaglio di queste pagine che cercano di smontarne la fondatezza rievocando «interdizione e ricatto» (p. 38) dei militari (golpe di Antonio Tejero del 23.2.1981) e le aspettative molto radicali di vari ambienti antifranchisti. Il secondo scritto presenta anche il panorama della Spagna degli anni Trenta ricostruito dai mezzi di comunicazione di massa che hanno superato el pacto del silencio accettato nel 1975 da quasi tutte le forze politiche e istituzionali. Il cinema, la letteratura e la stampa quotidiana avrebbero esercitato una funzione «riequilibratrice e risarcitoria» (p. 56). Ranzato afferma però che, dopo aver condannato Franco, bisognerebbe ricordare che «molte delle sue vittime [?] non possono considerarsi totalmente innocenti» (p. 78). Egli opera poi un confronto assai discutibile: la strage delle Fosse Ardeatine andrebbe «moltiplicata per sei e prolungata per un mese» (p. 83) per ottenere il numero delle vittime degli eccidi compiuti dai repubblicani a Paracuellos e Torrejón, nei dintorni di Madrid assediata, alla fine del 1936. Tale considerazione, che equipara i contesti e prescinde dal diverso ruolo dei prigionieri, appare di tipo più statistico che storico vero e proprio. Il terzo saggio risente nettamente della scelta dell’autore a favore del «criterio della democrazia liberale, nella prospettiva di una sua maggiore valorizzazione nella Spagna attuale» (p. 140), un’impostazione ideologica che già ispirava le ricerche di qualche anno fa, comprese quelle sulla «guerra fratricida». Ranzato applica il metro di un «rigoroso esame di democrazia» (p. 109) ai protagonisti e alle correnti politiche della Seconda Repubblica valutando quanto e come essi abbiano operato «per difendere la civiltà della democrazia liberale nella quale prospera e si sviluppa la Spagna di oggi» (p. 104). Vengono così bocciati senza appello, ma con prove parziali e opinabili, due protagonisti collettivi pur molto diversi: il movimento anarchico e il Partito comunista. Nemmeno vari leader socialisti o liberali superano la prova in quanto poco attenti, prima e durante la guerra civile, a non spaventare le classi medie e le masse cattoliche. E il Fronte popolare avrebbe dato «il principale contributo di sinistra alla rovina in cui sarebbe precipitata la democrazia» (p. 124). Questa rilettura, a tratti condizionata da un’esplicita ottica ideologica, chiaramente molto diversa da quella espressa nei lavori degli anni Settanta, porta Ranzato a prendere le distanze da certa storiografia ammalata, secondo lui, di «neoconformismo repubblicano» (p. 127) che trova nella Repubblica del 1931 un riferimento ideale e un modello politico tuttora validi.

Claudio Venza