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Gian Enrico Rusconi – Cefalonia. Quando gli italiani si battono – 2004

Gian Enrico Rusconi
Torino, Einaudi, pp. XX-115, euro 12,80

Anno di pubblicazione: 2004

Cefalonia come luogo della memoria da smontare e rimontare in funzione della crisi ? reale o presunta ? dell’identità nazionale degli italiani, più che come oggetto di analisi storiografica. Indifferente ai risultati più recenti della storiografia sull’occupazione italiana in Grecia e Jugoslavia, Rusconi punta sul dibattito pubblico, dove cerca di inserirsi con un profilo autonomo tra la posizione del presidente Ciampi e quella di Sergio Romano, i quali hanno parlato rispettivamente di Cefalonia come ?primo atto di resistenza di un’Italia libera dal fascismo? e come ?pagina nera della storia militare italiana? (pp. XI-XII). Alla tesi ?canonica?, codificata dalla memoria ufficiale della Repubblica, e a quella ?anticanonica? o ?revisionista?, Rusconi rimprovera di essere ?sovraccaricate di assunti politici che forzano il dato storico?, di ridursi cioè a ?un classico esercizio di politica della storia?. Di qui la necessità di ??rivedere’ criticamente la versione canonica del comportamento della divisione Acqui?, per ribadire però, sulla base di nuovi argomenti, che esso ?è ancora esemplare per noi oggi?. Dunque, l’assillo principale rimane ?la politica della storia? che lo stesso Rusconi considera ?parte ineliminabile del discorso pubblico democratico? (pp. XI-XII).
Si può ripensare Cefalonia fuori dai valori di matrice sacrale del ?sacrificio?, del ?martirio? e dell’?olocausto? che sono alla base del ?mito fondante di una nazione nuova? (p. 109)? Per Rusconi si può, anzi si deve. Ma la sua ?smitizzazione? di Cefalonia somiglia molto a una depoliticizzazione dell’evento, sottratto al tempo e allo spazio storico della guerra di occupazione degli italiani in Grecia. Sfumate le tinte forti delle opposte scelte di campo compiute da soldati e ufficiali al momento dell’armistizio, rimane il motivo del rimpatrio: ?L’onore del soldato italiano di non cedere le armi coincide a Cefalonia con la voglia di tornare a casa in sicurezza. Per questo gli italiani si battono? (p. 115). La voglia di casa è un argomento condivisibile, ma piuttosto ovvio, forse un po’ banale, e in assenza di una prospettiva storica di più ampio respiro si rivela una debole chiave interpretativa. Sembra accorgersene lo stesso Rusconi quando, a proposito del nesso logico e fattuale che il libro istituisce tra Cefalonia e la Resistenza, conclude che ?il collegamento forse è tenue, ma sufficiente per collocare la vicenda di Cefalonia nella storia politica democratica, in cui gli italiani possono riconoscersi positivamente. Se lo vogliono? (p. 115).
Il libro esorcizza lo spettro dello guerra civile tra italiani, indugia nei toni didascalici ed edificanti di una pedagogia nazionalpatriottica, evoca scenari ?deamicisiani del Cuore?. Privilegia le categorie morali su quelle storiche: Cefalonia è una ?tragedia dove si mescolano onore e tradimento, coraggio e simulazione, azzardo e vendetta? (p. VIII), dove non esiste una ?contraddizione di principio tra la resistenza armata [?] e la legittimità del negoziato? con i tedeschi (p. XIV).

Lidia Santarelli