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Gian Enrico Rusconi – L’azzardo del 1915. Come l’Italia decide la sua guerra – 2005

Gian Enrico Rusconi
Bologna, il Mulino, pp. 199, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2005

Rusconi non è certo un neofita della problematica in oggetto. A un lavoro degli scorsi anni Ottanta sul complesso processo che accese le polveri della conflagrazione mondiale nell’agosto del 1914, aveva fatto seguito, alla fine del decennio seguente, la pubblicazione di una corposa riflessione sul prussiano Clausewitz in cui veniva dedicato ampio spazio al riverberarsi delle interpretazioni del suo pensiero sulla strategia della Grande guerra. L’autore ritorna dunque sull’argomento con questo volume, snello e di agevole lettura grazie alla chiarezza dell’argomentazione e alla scorrevolezza della prosa che ne facilita la proponibilità ai fini didattici. Anche per il lettore più smaliziato il lavoro è un’efficace sintesi di una vicenda che, per quanto nota alla storiografia sia italiana che straniera, e soprattutto di lingua tedesca fonte essenziale di riferimento dell’autore, non si è invece per nulla sedimentata nella memoria collettiva e nel sapere storico diffuso del nostro paese.
Il titolo accattivante, L’azzardo del 1915, (accattivante anche per chi, da storico non specialista della prima guerra mondiale, è abituato a rubricare sotto le specie della scommessa irresponsabile il 10 giugno del 1940, ma i due ?azzardi?, del 1915 e del 1940, non sono privi di connessioni come Rusconi puntualizza nell’ultimo capitolo) riflette pienamente il contenuto. L’oggetto specifico del lavoro è infatti ?il lungo, tormentato, imbarazzante e insieme spregiudicato processo decisionale che segna la partecipazione italiana al conflitto europeo, dieci mesi dopo che era scoppiato, nel maggio 1915? (p. 8).
L’analisi del maturare della decisione dell’intervento si concentra sulle motivazioni e gli obiettivi di ?grande potenza? regionale adriatico-balcanica perseguiti dai nostri vertici istituzionali, in primo luogo il governo nazional-liberale di Antonio Salandra, con Sidney Sonnino al ministero degli Esteri, che intrattengono rapporti scoordinati e ingannevoli con gli alti comandi militari, in particolare il capo di Stato maggiore generale Raffaele Cadorna e i suoi più diretti collaboratori. Altrettanto rilievo analitico è attribuito alla dialettica diplomatica con le cancellerie degli altri Stati coinvolti, con principale ma non esclusiva attenzione agli Imperi centrali che da oltre trent’anni affiancavano l’Italia nella Triplice Alleanza. Dopo aver tentato lungamente, e invano, di negoziare con l’Austria-Ungheria ampi compensi territoriali in cambio della neutralità, matura la scelta interventista a favore delle potenze dell’Intesa (anch’essa sostanziata da un ricco ?pacchetto’ di ricompense). L’Italia affronta quindi la sfida del conflitto in condizioni di insufficienza di risorse militari e sulla base di una strategia, elaborata da Cadorna, inadeguata a ottenere rapide e determinanti vittorie. La guerra di sfondamento si trasforma quindi in guerra di logoramento che costerà alle truppe e al paese nel suo complesso sacrifici inauditi che diventeranno un enorme potenziale di identificazione nazionale nel mito del ? Piave mormorava? e del ?momento epico a esso collegato? (p. 184).

M. Elisabetta Tonizzi