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Gian Maria Capuani e Claudio Malacrida – L’autonomia politica dei cattolici. Dal dossettismo alla Base: 1950-1954 – 2002

Gian Maria Capuani e Claudio Malacrida
Novara, Interlinea, pp. 92, euro 10,00

Anno di pubblicazione: 2002

Talora i volumi che escono presso editori locali, e sfuggono così anche semplicemente alla conoscenza dei circuiti accademici, hanno motivi di interesse che farebbero loro meritare una più larga diffusione. E’ il caso di questo volumetto, scritto per onorare la scomparsa di un uomo politico lombardo che fu fra i fondatori della corrente DC autodenominatasi ?la Base?, e che partecipò a varie fasi della vita pubblica nazionale, anche se mai in posizioni di primissimo piano. Esso si compone di due parti: una ventina di pagine sono dell’uomo politico in questione (scomparso nel settembre 2002), mentre le restanti sono un breve saggio storico d’inquadramento.
Nella memoria di Capuani viene rievocato lo scioglimento della corrente dossettiana a Rossena fra l’agosto e il settembre 1951, nonché poi il convegno di Belgirate, presso Como, nel settembre 1953, in cui sotto la regia di Giovanni Marcora, si avviò l’esperienza della corrente che voleva ?ridare autonomia alla Base? e che poi, anche per il confluire in essa del gruppo bolognese di Galloni e di quello avellinese di Ciriaco De Mita, rivestì un ruolo importante nelle vicende del partito.
Mentre per la prima delle due vicende rispetto a quanto si conosceva dalla memorialistica raccolta da Gianni Baget Bozzo, Giovanni Tassani e Vincenzo Saba non emergono novità (si conferma solo il fatto che Capuani fu uno dei due che si opposero apertamente all’idea dello scioglimento e si danno particolari folkloristici come il ricordo di Achille Ardigò che intonava, sull’aria della nota canzone anarchica, ?Addio Rossena bella?), per la seconda vicenda si tratta di elementi che aiutano la messa a punto di quel particolare mondo delle ?correnti? democristiane che sfugge alle categorizzazioni introdotte dai politologi dagli anni Sessanta in poi.
Come documenta più ampiamente Malacrida, le correnti nacquero inizialmente da un retroterra di riflessioni ideologiche che poco aveva a che fare con la questione del controllo del sistema di nomine (interne ed esterne) in mano al partito. L’origine ?dossettiana? di queste correnti stava proprio nella loro volontà di essere momenti e veicoli di una ?interpretazione del mondo?, piuttosto che nella ricerca di un posizionamento nelle lotte interne di partito. Si tratta di un dato piuttosto importante e che spiega il titolo in cui si rinvia al problema dell’autonomia dei cattolici in politica dopo una stagione in cui, dall’operazione Sturzo alla legge maggioritaria del 1953, i vertici vaticani avevano spinto per una versione ?franchista? della DC.
Da questo punto di vista sono indubbiamente interessanti alcuni apporti documentari circa il mondo ?milanese? che era piuttosto diverso da quello ?romano?: scopriamo così che gli ambienti dell’Università Cattolica, anche quelli più legati al rettore Gemelli ed espressi dal teologo don Carlo Colombo manifestarono precocemente delle disponibilità all’apertura a sinistra verso i socialisti, operazione che i vertici tanto vaticani quanto dell’episcopato italiano contrastarono a lungo con una durezza che oggi ha dell’incredibile. Spiegare come dalla ricchezza di queste battaglie ideali si passò alla costruzione del ?partito delle correnti? rimane però un lavoro da fare.

Paolo Pombeni