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Gian Paolo Brizzi (a cura di) – Studenti per la democrazia. La rivolta dei giovani contro il nazifascismo – 2005

Gian Paolo Brizzi (a cura di)
Bologna, Clueb, pp. 116, euro 11,00

Anno di pubblicazione: 2005

Il 20 ottobre 1944, nello scenario desolato di un ateneo ormai svuotato degli studenti, il trasferimento di materiali da un istituto a un altro organizzato da un piccolo gruppo di partigiani di GL, dei quali solo uno effettivamente studente, si trasformò, quasi casualmente, in conflitto a fuoco con le Brigate nere. Asserragliati in uno degli edifici, i componenti del gruppo opposero una strenua resistenza prima di essere sopraffatti e passati per le armi. Definito come la ?battaglia dell’università?, una formula che evoca un concorso di masse che, nei fatti, non vi fu, l’evento fu trasformato nelle celebrazioni postbelliche nel simbolo della volontà di redenzione del mondo universitario ? identificatosi, nelle sue diverse componenti, con quel coraggioso drappello ? da un passato segnato dalla volontaria partecipazione alla politica di costruzione del consenso allo Stato totalitario. L’episodio, minuziosamente ricostruito da Gian Paolo Brizzi, è reso più vivido dalle testimonianze di alcuni dei protagonisti inserite nel volume. Il saggio di Luciano Casali lo inquadra all’interno della crisi della Resistenza dell’autunno del 1944. Mentre quelli di Claudio Natoli e di Mariano Peset, sui movimenti di opposizione al nazismo e al franchismo, suggeriscono l’idea di uno specifico protagonismo studentesco nella resistenza alle dittature. Di taglio decisamente più problematico il contributo di Dianella Gagliani, la quale, abbandonando certi schematismi del passato, ricorda il carattere minoritario della scelta dell’impegno antifascista e delinea la complessità dell’itinerario di fuoriuscita dei giovani dai miti del regime. Non convince, tuttavia, il tentativo di definire il fascismo giovanile, fortemente intriso di elementi mistico-religiosi, come espressione di una tendenza ?tradizionalistica? che si sarebbe caratterizzata per il rifiuto della modernità e del progresso, della tecnica e della razionalità (p. 72). Una tendenza tradizionalista operò effettivamente nel fascismo, ma essa raccolse le posizioni di quello che è stato definito il ?fascismo monarchico?, con il quale i giovani intellettuali non ebbero mai né organici rapporti organizzativi né legami di tipo culturale. I giovani mistici, infatti, non rifiutavano la modernità, ma cercavano nel fascismo una via alternativa alla modernità laica e liberaldemocratica che conducesse a una forma nuova di civiltà. Come hanno mostrato gli studi di E. Gentile sulle religioni politiche e di J. Herf sul ?modernismo reazionario?, razionalità tecnica e irrazionalismo politico sono stati termini tutt’altro che incompatibili nel Novecento. Ridurre l’adesione alla religione politica fascista a un’antistorica e regressiva forma di ?idolatria? (p. 73), se rassicura la nostra sensibilità di contemporanei, rischia di non consentire di comprendere le ragioni del fascino esercitato dal fascismo ? e dalla sua religione politica ? su ampi settori dell’intellettualità giovanile. E, di conseguenza, di valutare in tutta la sua devastante portata la crisi dei giovani del 1943.

Luca La Rovere