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Gian Piero Piretto – Il radioso avvenire. Mitologie culturali sovietiche – 2001

Gian Piero Piretto
Torino, Einaudi, pp. 381, euro 21,69

Anno di pubblicazione: 2001

Antefatto del libro è che Piretto non ama soltanto la poesia, ma anche i poeti, e che questi vivono, bevono, parlano, camminano. Piretto insegna Storia della cultura russa e kul’tura in russo significa anche modo di vita. Il libro è appunto una storia culturale della Russia del ‘900 e riguarda il trasformarsi del byt, parola russa poco traducibile che si può malamente ridurre a ?quotidianità?. Gli strumenti di cui dispone Piretto per portarci attraverso le trasformazioni del byt non sono pochi: poesia, canzoni, film, spettacoli, musica, quadri, manifesti, discorsi pubblici, romanzi, memorie, slogan, architetture, barzellette. Ogni capitolo del libro prende le mosse da un’opera e ci porta attraverso molte altre diverse. Realtà e immaginario si trovano così strettamente vicini e attraverso questo stretto rapporto si legge la storia sovietica.
Rivoluzionari di professione, letterati ed artisti volevano cambiare il mondo, costruirne uno nuovo. La loro azione era rivolta a distruggere il vecchio e a educare il proletariato, combattere contro il cattivo gusto e lo spirito borghese. Mutare il byt era opera di violenza e di immaginazione. Vennero gli anni dello stalinismo, anzi di ?Stalinland?, come dice Piretto. Il riferimento qui è all’America, a Disneyland. Si tratta di capire come la quotidianità dura e terribile degli anni trenta, vivesse assieme alla ?felicità e abbondanza? irreale, enfatizzata dal regime. Fiere, mostre, costruzioni gigantesche, modernità e rapidità della trasformazione sociale portavano la realtà a confondersi con il progetto, con il futuro.
L’irreale è sempre vicino, anche in altri tempi. È il caso, ad esempio, del processo a Iosif Brodskij, all’inizio degli anni ’60, dove le domande dell’inquisitore e le risposte disarmanti dell’accusato risultano quasi ripetere pagine del Maestro e Margherita, libro che era ancora vietato ai lettori sovietici. Intanto era maturato un fenomeno nuovo, che il regime, nonostante le sue capacità poliziesche, non riusciva a controllare. Gli intellettuali del disgelo, tra gli anni ’50 e gli anni ’60, e poi quelli degli anni brezneviani, erano espressione di una rottura generazionale che riguardava modi di pensare, comportamenti, e luoghi della socializzazione e del fare cultura. Piretto ci conduce appassionatamente in questi ambienti: nelle piazze di Mosca dove giovani recitavano poesie sfidando il potere, come nelle cucine degli alloggi di coabitazione diventate luoghi di incontro, riflessione e cultura. Questi erano anche gli anni dei successi di grandi poeti cantautori, come Bulat Okudzava, Aleksandr Galic e Volodja Vysockij, quando una ?rivoluzione del registratore? diffondeva musiche e canzoni vietate.
La storia intellettuale di questi ultimi anni si confonde con quella di persone e di ambienti che Piretto ha conosciuto e, immagino, con i ricordi di lunghe serate di conversazione. Piretto racconta senza tradire il suo coinvolgimento, poi affida ad un poeta, Timur Kibirov, il compito di concludere descrivendo i sentimenti contraddittori verso questo paese, purtroppo e fortunatamente scomparso.

Marco Buttino