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Giannantonio Paladini – Uscire dall’isola. Venezia, risparmio privato e pubblica utilità 1822-200, – 2003

Giannantonio Paladini
Roma-Bari, Laterza, pp. 324, euro 26,00

Anno di pubblicazione: 2003

Il sottotitolo e la collocazione dell’opera nella collana dedicata alla ?Storia delle banche in Italia? risultano decisamente fuorvianti rispetto al contributo di Paladini, il saggio principale in un volume corredato da un Poscritto di Giuliano Segre, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia (Carive). Oggetto di interesse dell’autore non è infatti la Carive, ma Venezia tout court:
La storia della città è ricostruita attraverso l’altalenante affermarsi, nelle scelte relative allo sviluppo economico e urbanistico, di due ipotesi diverse: dalla prevalenza, nell’Ottocento, della tradizionale posizione neoinsulare, all’imporsi, nel primo sessantennio del XX secolo, del progetto della ?grande Venezia?, centrato sull’espansione verso Mestre e sulla creazione di due città funzionalmente distinte: la laguna, con ruolo turistico-museale, e la terraferma, destinata a svilupparsi intorno a Porto Marghera e ad un’industria di base fortemente concentrata. L’alluvione del 1966, infine, segna una svolta a favore del ?ritorno nell’isola? e l’emergere di una nuova sensibilità verso l’equilibrio ambientale dell’area.
La vicenda della locale Cassa di Risparmio, ricostruita a partire dalle ricerche d’archivio di Eva Cecchinato, Laura Poletto e Giovanni Sbordone, che ne hanno tratto i brevi scritti in appendice, appare non solo marginale, ma anche priva di un organico intreccio con l’asse tematico principale ? la storia della città ? e segnata da un approccio tendenzialmente descrittivo. Prima in Italia, la Carive sorge nel 1822 con lo scopo di raccogliere i risparmi dei meno abbienti, renderli fruttiferi e restituirli, maggiorati degli interessi, a richiesta del depositante. Dipendente alla nascita da un monte di pietà caratterizzato da una gestione avventurosa, poi costretta a ricorrere alla malleveria del Comune per recuperare credibilità sotto il governo Manin, solo tra il 1853 e il 1886 la Carive riesce ad emanciparsi dalle due istituzioni. Con la legge del 1888 la Cassa diversifica gli impieghi tra valori mobiliari, sconti cambiari e mutui ipotecari, pur senza perdere il prudente atteggiamento di fautrice dei risparmi e della previdenza. Ed amplia gli scopi sociali, promuovendo l’edilizia popolare e importanti iniziative culturali cittadine, tra cui la Biennale. Oggetto di una fascistizzazione di cui non si riesce a cogliere appieno la profondità, nel dopoguerra la Carive sarà a lungo diretta da un uomo DC, Gaspare Campagna. La vicenda si conclude nel 1992 con la trasformazione in S.p.A. imposta dalla legge Amato.
Carente è, nel complesso, l’analisi dell’evoluzione nel tempo sia della politica degli impieghi, sia più in generale la ricostruzione del profilo e del ruolo della Cassa, specie in relazione al quadro normativo. Un volume dunque dal taglio narrativo, come conferma lo scarno apparato di note, in nessun modo inscrivibile nella letteratura sulle banche locali fiorita copiosa negli ultimi anni, come testimoniano alcuni titoli appartenenti alla medesima collana.

Ivan Balbo