Cerca

Gianpasquale Santomassimo – La terza via fascista. Il mito del corporativismo – 2006

Gianpasquale Santomassimo
Roma, Carocci, 316 pp., euro 28,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il volume condensa un intenso lavoro di ricerca condotto nel corso di molti anni: sull’argomento l’autore ha scritto in passato saggi originali, che sono qui rifusi e reinterpretati in una nuova chiave di lettura felicemente riassunta nel titolo e nel sottotitolo. Il sottotitolo intende delimitare (ma il termine come vedremo è riduttivo) il terreno al campo culturale, snodandosi tra un primo capitolo, imperniato sulle accezioni italiane di un corporativismo affermatosi idealmente nei primi anni ’20 in alternativa a liberismo e collettivismo, e il sesto dedicato alla scomparsa di quel mito alla vigilia della guerra mondiale, sopraffatto da una nuova realtà dove le corporazioni non esistono, ma esiste una economia «mista»; la conciliazione di classe non c’è, ma c’è una dura repressione; l’anticapitalismo delle origini ritorna, ma solo per macchiarsi di antisemitismo. Il titolo è anch’esso significativo, perché sottolinea «che si deve avere il coraggio di prendere il fenomeno sul serio, cosa che non sempre è accaduta» (p. 12): prendere sul serio non solo il corporativismo come realtà (sul cui fallimento, o liminarità, nell’organizzazione produttiva italiana, si espresse già negli anni ’30 Rosenstock-Franck) ma come cultura, campo di incontro e scontro ideale, mito, appunto, che, grazie alle sue origini antiche, cattoliche e medievaleggianti, consentiva di aggregare illusioni di conciliazione sociale con la sconfitta dei principi dell’89, sogni di «seconda ondata» fascista con l’idea di una nuova classe dirigente, spazio di libero dibattito per i giovani con il dominio totalitario di un ceto politico inamovibile. La cultura del corporativismo acquista quindi una densità di significati in grado di connotare l’intero ciclo storico del fascismo ed è a questa varietà, pluralismo si potrebbe dire, di interpretazioni che è dedicata la ricostruzione di alcuni momenti cruciali del dibattito, collocabili nel decennio 1924-1934. Le tappe più investigate (capp. 2, 3, 4) sono: il ruolo assunto da Rocco, dopo l’input iniziale di Gentile, nella rifondazione giuridica del corporativismo, con la conseguenza di una sostanziale statizzazione del sindacato; la vivace discussione che vede protagonisti uomini come Bottai, Spirito, Quilici, attorno alle numerose riviste sorte nell’arena politica e accademica; ma anche il contributo dei cattolici e degli economisti liberali. I due convegni di Roma del 1930 e di Ferrara del 1932 delineano i tratti di un dibattito tutto interno al fascismo, e soprattutto al mussolinismo, al di là delle apparenti e clamorose divisioni. Il quinto capitolo, La terza via, lascia spazio a uno sguardo extra-nazionale e descrive la penetrazione del corporativismo, quale alternativa al liberalismo e al socialismo, in Europa, USA e URSS. Dal confronto si conferma che il vero aspetto caratterizzante di tutta la discussione italiana sul corporativismo è il suo tratto ideologico e un livello di progettazione e di dettaglio che non affronta mai le trasformazioni reali in corso nell’economia (lasciate al padronato e ai grands commis) ma si confina ancora, come già in età liberale, dentro il campo giuridico, il solo, evidentemente, in grado di fornire un linguaggio unificante anche al nuovo ceto politico del paese.

Mariuccia Salvati