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Gigliola Dinucci (a cura di) – La Camera del Lavoro di Pisa (1896-1980). Storia di un caso – 2006

Gigliola Dinucci (a cura di)
Pisa, ETS, 625 pp., euro 35,00

Anno di pubblicazione: 2006

Negli studi sulla formazione del lavoro salariato e sulla storia del movimento sindacale prevale oggi un approccio teso a evidenziare la complessità della struttura territoriale del paese e la disomogeneità tra le diverse aree. Conseguentemente, la recente storiografia sul sindacato si è venuta caratterizzando per l’attenzione verso le articolazioni locali delle organizzazioni dei lavoratori, come testimonia il significativo numero di ricerche dedicate alle Camere del lavoro, solo in parte riconducibili a intenti e finalità celebrative. Il ponderoso volume sul caso pisano, curato da Gigliola Dinucci, si inscrive al meglio in questa tendenza. Otto lunghi saggi lo compongono, tutti basati su originali ricerche d’archivio e dedicati ad altrettanti temi o momenti: della curatrice sulle specificità del caso pisano, di Umberto Sereni sul periodo a cavallo tra Otto e Novecento, di Cristiana Torti sull’immediato secondo dopoguerra, di Alessandra Martinelli sul conflitto sociale nelle campagne dopo la Liberazione, di Elena Casarosa su donne e sindacato negli anni della ricostruzione, di Fulvio Conti sulle attività non rivendicative dalla ricostruzione all’autunno caldo, di Giovanni Contini sulla sconfitta sindacale degli anni Cinquanta e di Catia Sonetti su lavoro e società nella provincia di Pisa negli anni Sessanta e Settanta. Le analisi pongono l’accento sui tratti distintivi e sulle specificità territoriali e dunque sull’irriducibilità della vicenda pisana a schemi interpretativi generali. Peculiari furono infatti le dinamiche dell’industrializzazione e l’iniziale sviluppo delle strutture associative, caratterizzate dalla rilevanza delle società di artigiani e della cooperazione di produzione e consumo, dal forte radicamento repubblicano e anarchico (la componente anarco-sindacalista fu, dal 1902, egemone nella Camera del lavoro pisana) e dalla scarsa presenza socialista nel mondo del lavoro urbano. Tratti di forte specificità conservò il sindacalismo pisano anche nel secondo dopoguerra, soprattutto in relazione al forte legame tra città e campagna e al peso dei lavoratori della terra, al radicale ricambio della dirigenza politico-sindacale, che portò a una profonda discontinuità con la fisionomia del movimento operaio del periodo precedente il fascismo, e allo stretto legame tra PCI e sindacato, di cui un sintomo è costituito dal debole scarto tra gli iscritti al Partito e i lavoratori sindacalizzati. Nell’insieme, il volume propone un quadro assai articolato, in virtù anche dei diversi tagli metodologici e tematici proposti dai saggi: sui temi più tradizionali della storia sindacale si innestano approcci e questioni diverse, come la storia di genere, il ruolo della memoria e l’attenzione verso i comportamenti dal basso o verso soggetti sociali meno studiati, in primo luogo i mezzadri. Non manca comunque una ispirazione comune, ravvisabile soprattutto nell’obiettivo di ricomporre in un quadro d’insieme, ma non monolitico, la realtà della classe lavoratrice (agricola e industriale), a partire dalla funzione unificante svolta dalle strutture sindacali.

Alessio Gagliardi