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Giorgio Bigatti – La città operosa. Milano nell’Ottocento – 2000

Giorgio Bigatti
Franco Angeli, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

Due gli ambiti tematici del volume, che raccoglie sette contributi, in parte già pubblicati, scritti tra il 1984 e il 2000. Il primo consiste nei nessi tra la formazione tecnica, le professioni ad essa connesse e l’industria (intesa, nella sua accezione “larga” ottocentesca, come “industriosità”) nell’area lombarda tra metà ‘700 e fine ‘800. Il secondo riguarda il rapporto tra le trasformazioni urbane sollecitate dallo sviluppo e le politiche attivate dal governo locale per mediarne e ottimizzarne l’impatto; in questo caso al centro dell’attenzione è soprattutto la Milano ottocentesca, con l’eccezione del saggio finale – dedicato alla gestione dei servizi idrici nei nuovi spazi urbani -, che offre uno sguardo a tutto campo sull’Italia liberale.
Non sempre raccogliere in un solo volume ricerche derivanti da occasioni diverse produce esiti convincenti. Questo, invece, a mio avviso supera brillantemente la prova.
La prima sezione consente di rileggere unitariamente lo sviluppo economico lombardo a partire da una prospettiva inconsueta, le “storie di ingegneri” (così il sottotitolo di uno dei saggi); non tanto quella degli imprenditori, ma anche e prevalentemente quella dei tecnici che nel corso di un secolo li affiancarono, chiamati a risolvere problemi tanto di razionalizzazione dell’agricoltura, quanto di acclimatamento della cultura industriale in un contesto sì ricettivo, ma comunque orientato a una cautela nei confronti dell’innovazione, che aveva solide radici nelle certezze offerte dalla ricchezza dei campi. Le forti continuità funzionali tra agricoltura, commercio e industria si colgono con evidenza, del resto, anche nella capitale regionale, ovvero in una città “operosa” – come suona il titolo – piuttosto che senz’altro industriale, come talvolta ci si ostina a raffigurarla.
Nella seconda sezione del libro è analizzata la città in alcune sue nervature fondamentali (le case e i servizi pubblici ), in cui si riversa una porzione robusta del mondo contadino circostante. Per quanto angusti, essa chiede spazi in cui collocarsi e impone prima la trasformazione interna degli edifici racchiusi entro le mura, poi l’uscita della città al di fuori del suo involucro tradizionale e l’avvio di un forte sviluppo edilizio nelle aree in cui sorgono contestualmente gli insediamenti industriali.
Forte di una solidissima base documentaria d’archivio (statale, civica e privata) e bibliografica, Bigatti non si lascia sedurre da quelle tentazioni apologetiche che hanno talvolta incantato la storiografia lombarda. Della città “operosa” si ricostruiscono i pregi, ma anche si segnalano i limiti. Così, a proposito dei processi di trasformazione urbana ottocenteschi, l’autore osserva: “Niente di paragonabile, naturalmente, a quanto avveniva in altre grandi città europee. A Milano ai grandi progetti si preferì il piccolo cabotaggio” (p. 133); un invito, insomma, – secondo la più aggiornata storiografia economica – a collocare l’oggetto di analisi nella sua giusta scala di comparazione, quella regionale e internazionale al tempo stesso.

Marco Meriggi