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Giorgio Fabre – Il contratto. Mussolini editore di Hitler – 2004

Giorgio Fabre
Bari, Dedalo, pp. 239, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2004

Costruito sulla base di un attento esame di documenti d’archivio sagacemente ritrovati, il libro è innanzitutto la storia della prima edizione italiana del Mein Kampf di Adolf Hitler. Per merito dell’autore apprendiamo molte cose interessanti: che Hitler propose a Mussolini l’acquisto dei diritti di traduzione del libro per essere finanziato alla vigilia della campagna elettorale del 1933; che Mussolini fece acquistare i diritti, ma finanziando Hitler in modo molto modesto (250.000 lire, contro i 5 milioni elargiti a Dollfuss); che l’editore Mondadori rifiutò di tradurre il libro, e a quel punto subentrò rapidamente Bompiani; che a dispetto del contratto, che prevedeva diversamente, il traduttore fu l’ebreo Angelo Treves; che alla fine, nel marzo 1934, fu pubblicata solo una parte del prolisso testo hitleriano, riassunto in precedenza per il duce dagli esperti del Ministero degli Esteri, che ne avevano evidenziata la parte sulle questioni razziali; che l’edizione italiana, però, fu arricchita da una brevissima prefazione hitleriana, che finiva così: ?Fascismo e nazionalsocialismo, intimamente imparentati nelle loro basi ideali, sono chiamati ad additare nuove vie ad una proficua collaborazione internazionale. Comprenderle [?] significa servire la Pace nel Mondo, pertanto il benessere dei Popoli? (p. 202).
Fabre dà informazioni anche sul diverso percorso delle edizioni del libro negli altri paesi ? particolarmente in Francia e in Inghilterra ?, e sull’accoglienza tiepida e piena di distinguo da parte della stampa fascista. All’esame microstorico dell’impresa editoriale l’autore riserva circa metà del testo e tutta l’appendice (circa 90 pagine di documenti); nelle pagine restanti, che a prima vista compongono un secondo libro distinto dal primo, ricostruisce il contesto, o la cornice, della traduzione italiana del Mein Kampf: a Mussolini il libro interessò soprattutto per la questione della razza (p. 61) e concomitante con il lancio del libro fu l’avvio di una campagna antisemita, una ?segreta destabilizzazione? della posizione degli ebrei (p. 94). Nel 1934 iniziano le schedature per ramo di attività, i censimenti settoriali, connessi con riorganizzazioni amministrative e con provvedimenti del governo: l’autore espone numerosi casi locali di eliminazione degli ebrei dai posti di comando, inserendosi in quel filone di studi che tende ad anticipare il razzismo fascista (molto prima del 1938), a mostrarne il carattere di politica autonoma, non importata dalla Germania. Nei ricordi di Bompiani fu il traduttore Treves a proporre la pubblicazione del Mein Kampf: tale esempio mostra che il precoce razzismo fascista fu l’oggetto di un ?lunghissimo e collettivo nascondimento? (p. 139).
Il libro di Fabre è un prezioso contributo al disvelamento di questa realtà nascosta e alla sua piena comprensione. Il razzismo del regime, in alcune sintesi recenti di definizione del fascismo, come quella di Marco Tarchi, diventa addirittura invisibile e non è nemmeno menzionato. Forse l’autore cade qui nell’eccesso opposto: la questione della razza diventa ?il cuore dei rapporti tra Hitler e Mussolini? (p. 123). Affascinato dal suo tema, Fabre lascia in ombra l’insieme dei caratteri del totalitarismo fascista e le radici di lungo periodo dell’antisemitismo italiano.

Massimo Mastrogregori