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Giorgio Pedrocco – Bresciani. Dal Rottame al tondino. Mezzo secolo di siderurgia (1945-2000) – 2000

Giorgio Pedrocco
Jaca Book, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

Da qualche anno, ormai, Giorgio Pedrocco, docente di Storia della tecnica nell’Università di Bologna, ha felicemente affiancato alle sue ricerche sulle campagne e sull’organizzazione del lavoro un solido interesse per la storia dell’industria siderurgica. Il titolo del lavoro – Bresciani – richiama il filo conduttore della ricerca: la vicenda di quel gruppo di imprenditori che nelle valli della provincia ha dato vita ad una esperienza industriale che, pur tra alti e bassi, è stata di straordinario significato per la storia dell’industria italiana. Tale esperienza ha ruotato intorno alla produzione del tondino, ovvero l’anima del cemento armato, un prodotto che certo non si colloca sulla frontiera tecnologica. Proprio questo ha consentito a un ceto di artigiani, commercianti e operai specializzati, depositari di un sapere collettivo tramandato di generazione in generazione (“l’arte della ferrarezza”), dotati di spirito di iniziativa e di intuito commerciale, di trasformarsi in imprenditori di successo, spesso presenti sul mercato mondiale. È questo il caso, ad esempio, di Luigi Lucchini, figlio di un artigiano che lavorava il rottame di ferro con uno dei tradizionali magli mossi da ruote idrauliche, ampiamente diffusi sul territorio per produrre attrezzi agricoli e ferramenta.
Fino alla crisi petrolifera del 1973 e alla ristrutturazione produttiva che ne seguì, il pattern di sviluppo delle imprese bresciane fu più o meno simile: esauritisi progressivamente i vantaggi competitivi della fase di lancio, caratterizzata dalla diffusione dei laminatoi – primato del learning by doing, abbondanza di rottame, disponibilità di energia a basso costo, boom edilizio, disinteresse dei grossi produttori per il tondino ecc. – divennero determinanti per il successo degli anni ’50 e ’60 gli investimenti in tecnologia (forni elettrici, colata continua, mini mills). L’impennata dei costi dei fattori produttivi, provocata dallo shock petrolifero, e l’aggressiva concorrenza dei paesi emergenti, oltre a mettere in crisi la grande siderurgia mondiale (e, in Italia, in particolare quella pubblica), innescarono a lungo andare anche un processo di selezione fra le pur flessibili e innovative imprese bresciane. Solo quelle che seppero attuare un deciso cambio di strategia (integrazione finanziaria, diversificazione produttiva, rigido controllo delle relazioni industriali) furono in grado di resistere alla crisi e, in qualche caso, di raggiungere le posizioni di vertice del settore.
Il volume ben si inserisce in un consolidato indirizzo di ricerca sul settore siderurgico, che ha già dato alla luce nell’ultimo decennio, fra l’altro, gli importanti contributi di Margherita Balconi, Ruggero Ranieri e Andrea Colli. Sono tuttavia diversi l’oggetto – una produzione (almeno inizialmente) di nicchia – e il metodo – il lavoro infatti è stato costruito su di una ricca base di testimonianze orali, rese dai maggiori imprenditori bresciani ancora viventi. Resta il rimpianto che l’autore non abbia sviluppato fino in fondo le implicazioni connesse a una più generale riconsiderazione del modello di industrializzazione del nostro paese.

Pierangelo M. Toninelli