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Giovanna Cigliano – La Russia contemporanea. Un profilo storico (1855-2005) – 2005

Giovanna Cigliano
Roma, Carocci, pp. VII-258, euro 18,50

Anno di pubblicazione: 2005

Prima di pubblicare questo manuale universitario l’autrice, che insegna Storia dell’Europa orientale presso la Federico II di Napoli, ha compiuto studi sullo sviluppo delle idee liberali nella Russia tardo-imperiale e, in particolare, ha effettuato una meticolosa ricostruzione delle idee dello studioso e uomo politico M.M. Kovaleskij, figura di spicco dei partiti ?cadetto? e ?progressista? e deputato alla Duma al tempo dell’esperimento costituzionale zarista (Liberalismo e rivoluzione in Russia. Il 1905 nell’esperienza di M.M. Kovalevskij, Napoli, Liguori, 2002). Questo nuovo lavoro prende le mosse dalla sconfitta russa nella guerra di Crimea (1853-1856), punto di partenza di più di mezzo secolo di riformismo autocratico, per svolgere i lineamenti di una storia a carattere istituzionale che termina con i problemi rivelati dalla transizione postsovietica negli anni della presidenza Putin.
È una trattazione sintetica ma esauriente, che si avvale dei sostanziali mutamenti di punti di vista scientifici avvenuti da una ventina d’anni a questa parte negli studi sull’Impero dei Romanov e dei cruciali contributi portati alla conoscenza della storia dell’URSS dalle indagini su documenti di prima mano rese possibili dalla ?rivoluzione degli archivi?, dal 1990 in poi. Le cause della crisi finale della Russia imperiale sono ricondotte, più che alle sue scontate ?contraddizioni? economiche e sociali, a fattori di tipo socio-culturale (la difficoltà di modernizzare le campagne russe e di integrare i non russi) e politico-istituzionale (l’incapacità della società politica di generare un’alternativa democratico-liberale al costituzionalismo ancora semiautocratico dell’antico regime). Le rivoluzioni del 1917 sono presentate sulla falsariga dei progetti dei loro protagonisti ma come effetti della crisi e del disfacimento dell’organismo imperiale. Di particolare impegno e congruità di risultati sono i capitoli dedicati all’Unione Sovietica, nei quali l’autrice ha mosso i suoi primi passi fuori dall’orizzonte cronologico a lei familiare. La tragica fenomenologia dello stalinismo è descritta in modo bene informato; la trattazione della crisi finale dell’URSS e la vicenda della perestrojka, efficacemente tratteggiate, hanno il merito di non affidarsi alla spiegazione deterministica dell’irreformabilità congenita del sistema sovietico. Tanto più addolorano alcune sviste dell’autrice, del tutto imprevedibili. Il Comitato militare-rivoluzionario che presiedette alla Rivoluzione d’ottobre non era designato dall’acronimo Milrevkom (p. 106), bensì Revvoenkom; il partito comunista russo non assunse il nome di PCUS nel 1925 (p. 131) ma nel 1952; l’attentato a Lenin non ebbe luogo nell’estate del 1917 ma un anno dopo (p. 137); e soprattutto, i morti russi nella prima guerra mondiale non furono 10 milioni (p. 82): a tale cifra si perviene solo aggiungendo al numero effettivo dei caduti (1,3 milioni) quello dei feriti e dei dispersi.

Francesco Benvenuti