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Giovanni Belardelli – Nello Rosselli – 2007

Giovanni Belardelli
Soveria Mannelli, Rubbettino, 215 pp., Euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2007

A giudicare dal frontespizio, secondo la nuova edizione del volume, Nello Rosselli non sarebbe più «uno storico antifascista» (come recitava il sottotitolo dell’edizione Passigli del 1982). Lo stesso a. spiega di aver riscritto «in gran parte» il libro, con l’intento di «approfondire o modificare certi giudizi, soprattutto quelli che si appoggiavano a testi più fortemente condizionati da una diffusa retorica antifascista» (p. 3). In realtà la modifica del titolo e in parte le dichiarazioni dell’a. paiono estrinseche e il ritratto che ancora emerge del fratello del leader di Giustizia e Libertà, Carlo, il giovane ma già illustre storico del Risorgimento, anch’egli militante antifascista, resta tutto sommato fermo, nel suo profilo politico e nel giudizio che se ne offre. Una serie di documenti nel frattempo editi e di studi e testimonianze su aspetti della vicenda dei Rosselli arricchisce ora la materia del libro, che è anche il «romanzo di formazione» di uno storico tra la prima guerra mondiale e il fascismo. Esso attraversa, quindi, anche anni di persecuzione politica (il doppio confino a Ustica e a Ponza nel ’27 e nel ’29) e giunge fino alla morte in Francia nel 1937, per mano fascista. La fitta trama dei rapporti familiari, amicali, scientifici e politici è ben ricostruita, grazie anche agli straordinari carteggi (e al talento letterario) dei personaggi ritratti. Gli scambi col maestro Gaetano Salvemini, col cugino Alessandro Levi, con Gobetti, Amendola, Ernesto Rossi e altri costruiscono il denso intreccio di «politica e affetti familiari» (questo il titolo del carteggio Rosselli-Ferrero edito nel 1997), che sostiene la vita di Nello e Carlo e quindi le loro biografie. Non convince del tutto l’insistenza dell’a. sulla combinazione di «autoritarismo e duttilità» (pp. 2 e 106) della dittatura mussoliniana nell’esperienza di Nello, giustificata dalla sola possibilità offertagli di recarsi all’estero per i suoi studi o da certi sconti di pena. Questo giudizio è dovuto in particolare a una rivalutazione dell’atteggiamento e dell’azione di Gioacchino Volpe (di cui l’a. è uno specialista) a favore di Rosselli presso lo stesso Mussolini. Ma la supposta liberalità di Volpe sembra piuttosto volta a un disegno di controllo ed egemonia politica anche sugli studiosi antifascisti (affine a quella di Gentile), se lo storico del regime poteva ancora rammaricarsi con la madre di Nello – anche dopo la sua uccisione – della sua mancata «conciliazione piena» con la «presente vita politica italiana» (p. 197). Restava invece ferma l’intransigenza politica di Rosselli, nonostante le periodiche rivendicazioni delle proprie prevalenti attitudini di studioso. Il suo percorso mosse da orientamenti iniziali più moderati di quelli del fratello (al socialismo di Turati, Nello preferiva la democrazia liberale di Amendola), verso un successivo avvicinamento alle posizioni di Carlo – giustamente rimarcato dall’a. – con il richiamo ad un «socialismo operaio» nel ’28, e la stessa stesura di un capitolo (andato perduto) in vista di una nuova edizione del Socialismo liberale. Idee diverse della storia d’Italia e del Risorgimento, comunque, distanziarono sempre e radicalmente Rosselli da un Volpe e da un Gentile.

Simon Levis Sullam