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Giovanni Orsina e Gaetano Quagliariello (a cura di) – La formazione della classe politica in Europa (1945-1956) – 2000

Giovanni Orsina e Gaetano Quagliariello (a cura di)
Lacaita, Manduria-Bari-Roma

Anno di pubblicazione: 2000

Sono qui raccolti gli atti del convegno svoltosi a Roma nell’ottobre ’97 (colgo quest’occasione per salutare la memoria di Paolo Ungari ed Erich Duhamel). La ricerca appare originale per due motivi: l’ottica comparata sulla formazione della classe politica, che associa ricercatori italiani, francesi ed in misura minore inglesi e tedeschi; e l’ambizione di delineare il modello occidentale di formazione della classe politica europea.
Il tema è stato affrontato du bas dai due curatori, che hanno privilegiato il rapporto tra politica e giovani, ponendo il problema di come nel dopoguerra la gioventù avesse o meno inciso sulla classe politica. Il secondo dopoguerra non presenta infatti un fenomeno comparabile alla génération du feu della prima guerra ed alla presa del potere da parte dei giovani; nei diversi paesi si nota anzi un mancato ricambio e, attraverso la Resistenza, il ritorno della vecchia generazione alla politica, ciò che ha portato ad una selezione delle élites senza un nuovo modello di formazione (Duhamel). Avviene una profonda trasformazione dei partiti senza che i giovani divengano fattore decisivo del cambiamento: Pci e Pcf li consideravano come “organismo” malleabile alle esigenze superiori (Quagliariello), nel partito socialista, come nella Dc, l’organizzazione giovanile era strettamente controllata dal vertice. Il sistema politico ha dimostrato su questo punto la sua capacità di resistenza al mutamento, con una percezione della gioventù come pericolo.
L’esame delle strutture dei movimenti giovanili evidenzia che la “relève” politica non ha potuto essere assicurata, le élites giovanili riuscite a penetrare la classe politica rappresentano un fenomeno minoritario. La famiglia democristiana francese attraversa durante questo periodo una grave crisi (Bigorgne, Colon), tra il Mrp incapace d’una linea coerente ed il solo Rpf che costituì un vivier attivo durante la V Repubblica. La situazione della sinistra non è brillante con partiti come il Pcf o la Sfio invecchiati e chiusi ad ogni forma di apertura (Buton). In Italia le difficoltà paiono analoghe, con la Fcgi impastoiata (Marinpietri) ed i partiti laici attestati su una linea difensiva. L’associazionismo universitario rappresenta una possibilità alternativa di rinnovamento; così l’Università Cattolica di Milano per la Dc, o l’Unuri, o l’Unef in Francia, che presenta un “vivier modeste mais de qualité”.
Il libro consegna dati precisi sul rapporto dei giovani alla politica e sulle difficoltà del loro inserimento nei partiti. Emerge un percorso che vale essenzialmente per Italia e Francia ed in questo senso il richiamo del titolo ad un modello comune ai paesi occidentali pare eccessivo. L’originalità del caso britannico, ma anche tedesco, solo abbozzati nelle relazioni, ribadisce l’importanza delle peculiarità nazionali, che definiscono lo spazio del rapporto tra giovani e la politica, come le strutture. Un libro che, come sottolineano i curatori, deve quindi esser considerato un “cantiere aperto”.

Didier Musiedlak