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Giovanni Sale – La Chiesa di Mussolini. I rapporti tra fascismo e religione – 2011

Giovanni Sale
Milano, Rizzoli, 302 pp., Euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2011

Il volume tocca un tema a un tempo classico e nuovo. Nel senso che la storiografia, con un percorso simile a ciò che è avvenuto per gli studi sul modernismo, lo ha ampiamente trattato ancor prima dell’accesso diretto agli archivi istituzionali, fornendo chiavi di lettura ormai consolidate e che sono ampiamente suffragate dal progressivo accesso alle carte. D’altro canto, solo in epoca recente è stato possibile iniziare la consultazione delle carte di Pio XI e quindi avere un contatto diretto con quell’«officina» che ha costruito giorno per giorno il rapporto intercorso tra il papa lombardo, la Curia vaticana, gli stessi gesuiti de «La Civiltà Cattolica» e le autorità politiche italiane. Il tema, in ogni caso, non è nuovo neppure per Sale, che oltre a dedicargli numerosi articoli sulla rivista dei gesuiti italiani lo ha già trattato in due volumi editi del 2006 e 2007, provvisti, come sono quasi sempre i lavori dell’a., di ampie ed interessanti appendici documentarie, e che costituiscono la base di partenza (e qualcosa di più) del presente saggio. Il volume, introdotto da un capitolo dedicato al rapporto personale tra Mussolini e le tematiche religiose (dunque non solo il cattolicesimo), è articolato in tre parti. La prima copre il periodo che va dallo strutturarsi del cattolicesimo politico italiano nell’immediato dopoguerra con la nascita del Ppi alle elezioni del 1924; la seconda, intitolata Gli anni della repressione, è incentrata sulla genesi della fase dittatoriale del fascismo e sull’esplodere dei contrasti tra Santa Sede e regime fascista relativamente al tema delle associazioni giovanili; la terza, infine, tratta del superamento dei contrasti e dell’avvio dei contatti che condurranno l’11 febbraio 1929 alla sottoscrizione dei Patti lateranensi: «il più vero e importante successo» della carriera politica di Mussolini (p. 229).Il libro, dunque, anche per l’attuale inaccessibilità dell’Archivio segreto vaticano per la parte conclusiva della vicenda fascista, è ristretto alla fase genetica del rapporto tra Chiesa cattolica e regime, che è nondimeno una fase di straordinaria importanza per valutare, più che il rapporto con il fascismo, l’attitudine della gerarchia ecclesiastica rispetto al potere civile post-liberale e tutti i tentativi posti in essere per tutelare quelle che vengono giudicate essere priorità assolute (dal matrimonio religioso all’educazione cattolica dei bambini). In questo senso, forse anche contro l’intenzione dell’a., la documentazione qui presentata fa ben cogliere le spregiudicatezze reciproche che connotarono i rapporti tra il duce e il cattolicesimo italiano. Resta solo un dubbio alla fine della lettura, che involge in realtà in senso più ampio l’attuale stagione di ricerche sul pontificato di Pio XI e il rapporto con i totalitarismi: e cioè se, di fronte alla difficoltà di dire qualcosa di veramente originale rispetto a ciò che la storiografia ha già ampiamente compreso, gli storici, in virtù della massa documentaria ora disponibile, non stiano cadendo sempre più frequentemente nel duplice pericolo di praticare una filologia «agnostica» o, viceversa, di rincorrere trouvailles.

Enrico Galavotti