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Giovanni Sale – Le leggi razziali in Italia e il Vaticano – 2009

Giovanni Sale
saggio introduttivo di Emma Fattorini, Milano, Jaca Book, 302 pp., Euro 28,00

Anno di pubblicazione: 2009

Non è facile rintracciare l’ordito e gli intenti di questo volume. Sale, storico di «Civiltà cattolica», inanella in otto capitoli saggi in gran parte pubblicati sulle pagine della rivista dei gesuiti. Fin qui niente di male. È cosa che capita sovente, per quanto sempre meno amata dagli editori. Il punto è che questo non viene mai esplicitato. Così, attratto da un titolo (troppo) ambizioso, il lettore cerca invano di capire il criterio in base al quale sono ordinati gli otto capitoli e le quattro parti del volume, cui segue una ricca appendice documentaria. Non è un criterio cronologico, visto che a un primo capitolo sull’iter redazionale della Humani generis unitas (giugno 1938-gennaio 1939), seguono alcune pagine sulle posizioni vaticane rispetto al razzismo coloniale (luglio-agosto 1937), per tornare al Manifesto sulla razza (14 luglio 1938) e così via, in un andirivieni di incontri ufficiosi, articoli, note, inevitabili e numerose ripetizioni che ostacolano la comprensione dei problemi.Il criterio adottato non è neanche quello tematico, poiché è evidente la scelta dell’a. di seguire le reazioni vaticane agli interventi legislativi del regime in materia di razza. Ora questi ultimi ebbero un tragitto politico e giuridico indagato da una densa mole di studi, che nel tema della continuità/discontinuità ha trovato uno dei nodi problematici più ricchi di risvolti sul piano interpretativo. Motivo per cui il vagabondare della ricostruzione risulta particolarmente fuorviante. Né aiuta il saggio introduttivo di Fattorini che, come si conviene a ogni introduzione che non sia dell’a., si concentra su alcuni passaggi del volume prescindendo naturalmente dalla necessità di giustificarne la trama.Si potrebbe concludere che il libro risponda solo a criteri apologetici. Ma non è così. O, quantomeno, tale presunta finalità non ha un coerente svolgimento. Sale mette infatti bene in luce come, all’interno della Santa Sede, al di là di una solitaria opposizione di Pio XI, dinanzi all’introduzione in Italia della legislazione antisemita, «considerazioni di ordine politico e diplomatico» ebbero il sopravvento «su quelle di ordine profetico-religioso, che avrebbero chiesto (e chiedono sempre) alla Chiesa, in ragione della sua missione, una maggiore e a volte rischiosa esposizione sul fronte delle denunce, per affermare il valore assoluto della dignità di ogni persona umana» (p. 176). L’impressione è che l’a. si sia cimentato con uno dei temi storiografici più condizionati dalla polemica politico-mediatica rispondendo non alle sfide della comprensione, ma al gusto per l’inedito.L’interesse delle fonti presentate è indubbio. Si va dalla nuova documentazione sul ruolo del generale dei gesuiti, W. Ledóchowski, nell’iter della mancata enciclica sul razzismo e l’antisemitismo, ad alcune note di mons. D. Tardini, alle trattative per il vulnus al Concordato. Si tratta in buona parte di documenti dell’Archivio segreto vaticano desecretati nel 2006, cui si aggiungono le carte dell’Archivio di «Civiltà cattolica», secretate, viceversa, ormai da alcuni anni, il cui uso – non suscettibile di verifica – da parte di padre Sale solleva da tempo perplessità di metodo e deontologia storica.

Lucia Ceci